Articoli | 01 October 2000 | Autore: Lorenzo Panza

"OEM" contro "AM" in Italia
Il gioco di rapporti che si sviluppa tra le Case automobilistiche, la rete di assistenza ufficiale, i Produttori indipendenti delle parti di ricambio, gli autoriparatori ed i commercianti indipendenti, nasce e si evolve in correlazione con la stessa natura del prodotto auto. L'aumento della complessità nella struttura del prodotto porta con sé un inevitabile aumento nella complessità del processo produttivo in termini di numerosità dei soggetti coinvolti e di relazioni. L'autoveicolo che giunge sul mercato è infatti il risultato finale di un processo complesso estremamente articolato e costoso, che coinvolge molti soggetti ai diversi livelli: da quello progettuale a quello esecutivo. L'idea progettuale di base viene sviluppata, non solo tenendo conto delle tecnologie attuali normalmente disponibili, ma cercando soluzioni innovative in grado di soddisfare al meglio sia le vecchie che le nuove esigenze; lo sviluppo tecnologico e la ricerca, però, hanno costi elevati e richiedono tempi lunghi. L'ottimizzazione del processo produttivo di un bene altamente complesso, quale è l'automobile, rende necessaria la suddivisione di tali impegni tra tutti i diversi soggetti che operano all'interno della filiera produttiva. I risultati ottenuti in modo autonomo dalle diverse aziende devono poi essere resi compatibili e integrati con quelli di tutte le altre in quanto insieme partecipano alla realizzazione di un unico prodotto in cui ogni parte deve operare in perfetta sintonia con tutte le altre. D'altro canto, nessuna casa automobilistica è in grado di produrre tutte le parti che compongono un'automobile e, pertanto, si rende per loro necessario operare in stretto rapporto con i fornitori di componenti. Relazioni complesse tra produttori
I fornitori sono rappresentati da una pluralità di imprese che, sulla base di specifiche tecniche minuziosamente determinate, realizzano singole parti o interi sistemi destinati ad integrarsi tra loro nel veicolo completo. Nasce quindi l'esigenza di definire in modo chiaro e univoco gli standard qualitativi di processo e di prodotto senza i quali non è possibile realizzare un prodotto complesso ad un buon livello qualitativo. Il rispetto degli standard concordati tra le Case automobilistiche ed i loro fornitori è elemento fondamentale per garantire un elevato livello qualitativo del prodotto finale ed il mantenimento del rapporto di fornitura tra i diversi soggetti coinvolti è subordinato al rispetto di tali standard. Tali garanzie sono oggi rappresentate dalle certificazioni di qualità del sistema UNI EN ISO e QS. La competizione si realizza su due fronti: quello della qualità e quello dei prezzi ed il contenimento dei prezzi di un prodotto è possibile solo attraverso il contenimento dei costi sostenuti per la realizzazione del prodotto stesso. Una delle strategie individuate dalle Case per raggiungere questo risultato è rappresentato dagli accordi, dalle joint-venture, finalizzati all'utilizzo in comune dei risultati della ricerca realizzata su alcune parti componenti; ne sono esempi il pianale ed il motore. L'universo dei fornitori delle case automobilistiche è molto vario: l'indotto dell'automobile è costituito da una miriade di piccole e medie imprese, ma anche da alcune grandi multinazionali, che operano in situazioni di oligopolio/monopolio. Alcuni dispositivi elettrici, elettronici o di sicurezza sono oggi prodotti da imprese che si possono contare sulle dita di una sola mano. Sono queste allora che, con poche o nessuna variazione rispetto a quanto già producono per altre Case, sono in grado di fornire a prezzo conveniente il pezzo che andrà ad integrarsi nel veicolo. Il livello di specializzazione raggiunto consente loro da un lato di proporre novità tecnologiche, dall'altro di realizzare al meglio le "novità" progettate dalla Casa automobilistica. Solo un corretto equilibrio tra economie di scala e know-how tecnologico, che richiede consistenti investimenti di denaro (ricerca, collaudi, macchine utensili, stabilimenti, addestramento, etc.), consente di realizzare nuovi prodotti in grado di soddisfare le sempre crescenti richieste dei consumatori in termini di: Sicurezza: struttura del veicolo, dispositivi attivi e passivi Economicità Estetica: la linea ed il design, interno ed esterno Comfort: ergonomia, sospensioni, aerazione, rumore Prestazioni: motore e trasmissione, organi di guida e sospensioni Affidabilità: basso tasso di guasti Rispetto per l'ambiente: emissioni, riciclabilità Di questi requisiti, solo alcuni sono garantiti a livello normativo dall'obbligo di omologazione da parte degli organi competenti dei vari Ministeri interessati (fanali, specchi, vetri, marmitte,etc.), per altri, invece, il rispetto degli standard è assicurato dalle certificazioni di qualità sui prodotti e sul processo produttivo. Di tutti questi aspetti, e dell'impegno di "invenzione" necessario per arrivare a quel certo risultato, spesso l'acquirente percepisce solo quelli più immediatamente evidenti: l'estetica, il comfort, le prestazioni. Benchmarking
Come tutte le industrie, anche quella automobilistica, vive e si sviluppa grazie anche alla "imitazione": vede quello che fa il vicino, ne coglie i pregi e gli errori, ci aggiunge qualcosa di suo e fa il prodotto nuovo sperando sia migliore. "Ed è giusto che sia così, perché se avesse diritto di cittadinanza solo la 'novità assoluta', a parte il fuoco e la ruota oggi non esisterebbe altro"1. La ricerca di continui miglioramenti nel livello qualitativo del prodotto si realizza anche nell'azienda automobilistica attraverso l'utilizzo della tecnica del benchmarking. Questa consiste nella misurazione obiettiva delle performance e nel suo confronto con quella del "primo della classe". La sua applicazione sistematica consente alle aziende di identificare i miglioramenti potenziali, applicarli e misurare il successo di tali implementazioni. Il benchmarking consente di imparare a riconoscere i propri punti di forza e di debolezza, apprendere dall'esperienza degli altri, dare le corrette priorità all'allocazione delle risorse finalizzate al miglioramento, ottenere la customer satisfaction. Tale tecnica consente di accelerare il processo di sviluppo e la continua evoluzione del prodotto e del processo produttivo. Rispetto a 40 anni fa la varietà di modelli offerta è enormemente aumentata (circa 20 volte), anche se, come si è visto in precedenza, molte parti possono essere comuni o differire solo per aspetti assai marginali, provenendo dallo stesso fornitore. Migliore qualità comporta minore manutenzione
Negli ultimi 10 anni, grazie agli sviluppi nei campi dell'elettronica, della chimica, della metallurgia ed all'introduzione di nuovi materiali, si è assistito ad un notevole miglioramento nella qualità complessiva del prodotto automobile, che ha come risvolto della medaglia una sensibile diminuzione della manutenzione. Le candele si cambiano ogni 30.000 km, anche 60.000, per certi veicoli addirittura ogni 160.000 km. I motori, con le valvole autoregolanti e nuovi materiali, hanno necessità di manutenzione ridotte al minimo, pur con una complessità costruttiva e di assemblaggio assai aumentata; le frizioni durano il doppio ed il traguardo dei 160.000 km. di vita sembra vicino. Lo stesso per il settore pneumatici, in cui qualche produttore statunitense si spinge a garantire 120.000 km; il diffondersi delle sospensioni elettroniche ed idropneumatiche elimina ogni usura degli ammortizzatori. I lamierati si cambiano solo in caso di incidente, e così pure i fari o le lampadine di nuova generazione. Questo, col tempo, implicherà da un lato una profonda erosione nel settore della riparazione e manutenzione, di cui oggi già si vedono i primi effetti nella riduzione del fatturato di alcuni operatori del settore, destinata ad accentuarsi man mano che verranno eliminati i veicoli di vecchia concezione. Dall'altro lato le officine, per sopravvivere, dovranno sempre più qualificarsi professionalmente e dotarsi di attrezzature tecnologicamente adeguate ai veicoli sui quali intervengono. La minore manutenzione ha come contropartita un più alto prezzo di acquisto del veicolo (su cui incidono anche i dispositivi di sicurezza, l'elettronica, la complicazione tecnologica), bilanciata da più lunghi termini di garanzia e da una vita utile ben maggiore. Saranno, ancora una volta, i legislatori, gli ambientalisti ed il variare del gusto estetico che provvederanno a ricreare un "mercato" che comunque, nella maggior parte d'Europa, ha ormai raggiunto il livello di saturazione. Alla fine degli anni '70 alcuni autori dichiaravano che l'auto era ormai una produzione matura e come tale da cedere al terzo mondo. In realtà lo sviluppo della ricerca e l'intensificarsi della concorrenza, finalizzati ad una costante riduzione dei costi e alla conquista e mantenimento della clientela, hanno determinato un processo di continua ricomposizione di equilibri tra industrie, produzioni, marche ed economie nazionali che è quasi esattamente corrispondente a quello dei computer e dell'informatica, il settore tecnologicamente più all'avanguardia. Un mercato saturo
Gli sforzi per mantenere innovativo il settore automobilistico non sono comunque sufficienti per evitare la saturazione del mercato. Di qui l'esigenza di recuperare spazi competitivi nell'ambito dei ricambi. Questo settore, infatti, seppure in prevedibile declino, rimane tuttavia importante e, almeno per certe parti componenti, appetibile anche in una prospettiva futura. Se questa è la situazione, risulta evidente che sia le Case automobilistiche che i loro "fornitori ufficiali" hanno buoni motivi per accentuare la pressione competitiva nei confronti degli altri soggetti che operano in questo ambito. Gli operatori "altri" sul mercato dei ricambi sono i cosiddetti operatori "indipendenti", ma una fetta di mercato è rifornita, però, da una categoria di operatori illegali: i veri e propri contraffattori. I contraffattori
I contraffattori sono puramente dei falsari che commercializzano i loro prodotti con il marchio delle grandi aziende. Questi prodotti sono solitamente realizzati in Paesi dell'est asiatico di recente industrializzazione e trasferiti nei Paesi - mercati di sbocco - dove vengono inseriti in confezioni "originali". L'apparenza, (incluso il marchio), è quello della Casa o del fornitore ufficiale, ma la qualità è di norma scadente. Il prodotto viene commercializzato e distribuito attraverso il canale dei riparatori e dei rivenditori indipendenti i quali, pur in buona fede, non sempre sono in grado di distinguere il prodotto originale proveniente dalla Casa costruttrice dal prodotto contraffatto. Il legame diretto con l'azienda costruttrice, ed i controlli ad esso connessi, evita alla rete di assistenza ufficiale di essere soggetta a tali truffe. Si tratta, ovviamente, di un problema di "ordine pubblico", oltre che di sicurezza, per combattere il quale le norme, anche penali, a tutela del marchio, sembrano essere insufficienti. I produttori indipendenti
Diverse invece sono le tematiche connesse all'esistenza di produttori indipendenti, il cui comportamento è dettato dalle leggi dell'economia e dalle strategie adottate dalle grandi imprese per sottrarre loro quote di mercato. Il costruttore del veicolo tenta di tenere legato a sé il cliente anche dopo la vendita del veicolo stesso con i metodi classici: allungamento del periodo di garanzia, tagliandi di manutenzione programmata che, se eseguiti presso la rete ufficiale, incrementano il valore del veicolo usato al momento della rivendita, prezzo di rivendita garantito, campagne promozionali. Il ricambio originale fornisce all'acquirente del veicolo nuovo una certezza "psicologica" in più, e contemporaneamente assicura, sia alla Casa che al fornitore ufficiale, consistenti guadagni. Il mercato dei ricambi auto non ha una relazione diretta con il mercato dell'automobile, anzi se si deve individuare una relazione questa sarà, per quanto riguarda l'andamento della domanda, inversa. Infatti a fronte di un aumento delle vendite di vetture nuove, si assisterà ad una riduzione nelle vendite di pezzi di ricambio. Anche sul fronte dei prezzi di vendita non è possibile stabilire un legame tra il prezzo della vettura completa e il prezzo delle sue parti componenti vendute come ricambio. Una analisi dei dati riportati nel grafico porta a concludere che il prezzo dei ricambi originali è svincolato da qualunque nesso sia con il prezzo del veicolo nuovo sia con il tasso di inflazione. In realtà il prezzo di vendita dei prodotti di ricambio non riflette in modo corretto neppure l'andamento dei costi. Il differenziale del prezzo viene infatti in buona parte ripartito tra i diversi soggetti che compongono la catena distributiva e il vantaggio che ne ha il consumatore finale è estremamente ridotto. Dall'analisi di alcune statistiche relative ai prezzi di vendita di un paniere di prodotti definibili pezzi di ricambio si è ricostruita una tabella in cui sono stati riportati i prezzi di vendita al dettaglio e all'ingrosso dei ricambi auto: quelli "originali" e quelli cosiddetti adattabili o alternativi. Per i primi si è fatta un'ulteriore distinzione a seconda che siano commercializzati con il marchio della casa automobilistica, o messi in vendita dall'azienda produttrice. Il mercato del ricambio ed il ciclo di vita dei veicoli
Ai fini della manutenzione, l'età del veicolo, e il conseguente inevitabile processo di senescenza, incide in due diversi modi. Da un lato, col procedere del tempo, aumentano i guasti e quindi la necessità di interventi; dall'altro lato, la fedeltà alla rete di assistenza della Casa automobilistica, resa obbligatoria dalle condizioni di garanzia, si esaurisce nei primi 2 - 3 anni, passati i quali l'automobilista tende a rivolgersi ai meccanici indipendenti. A partire dal sesto - settimo anno cessa la fedeltà anche al ricambio originale passando, dapprima, verso il ricambio indipendente o alternativo, se disponibile, e poi verso il pezzo di recupero proveniente dalla demolizione. Le strategie delle case costruttrici giocano un ruolo notevole anche nelle modalità e nei tempi con cui si realizzano tali passaggi: il primo, dall'officina autorizzata al meccanico indipendente, più essere ritardato dalla tecnologia richiesta per realizzare l'intervento di riparazione; il secondo è in molti casi reso obbligato dalle case costruttrici che rendono indisponibile o particolarmente oneroso il reperimento a stock di pezzi di ricambio relativi a modelli superati. Il ricambio originale gode quindi di una "rendita di posizione" che almeno nei primi 3 - 4 anni di vita dei veicoli, lo rende unica scelta per l'automobilista, benché questi lo percepisca come "più caro" rispetto ad altri eventualmente disponibili. A partire dal quarto - quinto anno, con la naturale svalorizzazione del veicolo, è probabile che l'automobilista cerchi alternative più economiche. Le troverà quasi sicuramente se: o il modello di veicolo è largamente diffuso o si tratta di pezzi per i quali vi è forte richiesta di sostituzione o si tratta di pezzi per i quali la stessa Casa lascia libera scelta (ad esempio batterie, pneumatici, candele, filtri) o è convinto che uno vale l'altro, e quindi non vi è ragione di preferire una marca particolare. Questo significa che, ad esempio, quasi sicuramente non sarà reperibile sul mercato italiano "indipendente" la pompa dell'olio di un modello inglese poco diffuso. Per certe parti poi non si può neanche dire che esistano produttori "indipendenti": alcune parti di motore, alternatori, motori d'avviamento, strumentazione, ammortizzatori, dispositivi di sicurezza, elettronica, sono prodotti o dalla stessa Casa o da poche industrie, a loro volta fornitrici della Casa. La grossa sfida viene invece dalle parti di carrozzeria: cofani, sportelli, fari, fanali, copriruote, specchietti esterni, paraurti, lamierati, etc. Le Case auto adottano strategie sempre più forti allo scopo di mantenere i clienti acquisiti, non solo in vista del loro successivo cambio auto, ma anche per gli interventi di riparazione. La dimensione del mercato dei ricambi è legata in proporzione inversa all'età del parco circolante, più sono le auto nuove e meno sono i ricambi richiesti. Questi due fattori innescano una lotta aperta tra Case auto e Produttori indipendenti. di Lorenzo Panza Come più volte ribadito, l'intensificarsi della competizione nel mercato degli autoveicoli, mercato che sta inesorabilmente volgendo alla maturità, spinge i produttori a ricercare spazi di profitto nel mercato dei pezzi di ricambio, intensificando la "lotta" nei confronti dei produttori Aftermarket. OEM contro AM: la battaglia legale Nel passato la battaglia tra i produttori OEM e quelli AM si è svolta soprattutto sul campo legale. I produttori automobilistici europei si sono attivati per vedere protette dalla contraffazione le componenti esterne giustificando tali interventi con l'esigenza di ammortizzare gli ingenti investimenti realizzati in fase di progettazione del design di un auto. Dal canto loro, i ricambisti indipendenti sostengono la legittimità della loro presenza sul mercato anche facendo riferimento alle leggi anti-trust. Dalla parte di questi ultimi si sono schierate anche le associazioni dei consumatori di vari Paesi, convinti che la liberalizzazione possa portare ad un calo dei prezzi dei ricambi. Nel corso degli anni, a livello europeo, si è assisto a diversi tentativi di fornire un apparato normativo che desse delle regole chiare a cui allineare le legislazioni di tutti i Paesi dell'Unione Europea, ma i contrapposti interessi in gioco non hanno consentito di giungere alla stesura di una Direttiva. In particolare si sta cercando di pervenire ad una definizione del termine "design industriale", di stabilire i requisiti per le misure di protezione, i motivi di invalidamento o rifiuto della protezione e le eventuali prerogative conferite dal diritto di design. La disputa coinvolge la legislazione sulle regole armonizzate a livello comunitario per proteggere il design dalla riproduzione illegale, posto che il design corrisponda a determinati criteri: ad esempio, essere nuovo ed avere caratteristiche individuali. Dati i molteplici interessi in gioco non sarà certamente facile giungere ad una regolamentazione che possa in qualche modo soddisfare tutti gli operatori. Le considerazioni sulle quali da anni si sta dibattendo sono molteplici e riguardano sia la natura stessa del prodotto automobile che i tanti protagonisti del settore. Le Case automobilistiche ed i loro fornitori di componenti hanno cercato, soprattutto in passato, di far valere il "brevetto per modello ornamentale" sulle singole parti della carrozzeria. Questo brevetto, riconosciuto a livello normativo in quasi tutti i Paesi, riguarda la linea e il design. Per quanto concerne la normativa italiana si fa riferimento al R.D. n.1411 25/8/1940 così come modificato dal D.P.R. n°338 del 22 giugno 1979 e legge n° 60 del 14 febbraio 1987, che richiede un certo carattere di autonoma "novità" e pregio estetico, e all'art. 2593 del cod. civ. che recita "chi, in conformità della legge, ha ottenuto un brevetto per un nuovo disegno o modello destinato a dare a determinate categorie di prodotti industriali uno speciale ornamento, sia per la forma, sia per una particolare combinazione di linee o di colori, ha il diritto esclusivo di attuare il disegno o il modello, di disporne e di far commercio dei prodotti in cui il disegno o il modello è attuato". Il modello ornamentale è una fattispecie di protezione che copre la forma di un oggetto complesso o dei suoi componenti. Nel caso dell'automobile, La forma di protezione del modello ornamentale è piuttosto generica e non è applicabile su forme "consuete" o "ricorrenti" o "standardizzate". Pertanto se un componente non ha quelle caratteristiche di novità od individualità, ma è simile ad altri, non gode concretamente della protezione data dal modello ornamentale, anche se questo è stato depositato. Premesso che l'estetica globale di un'autovettura è influenzata dalla forma di ogni singola parte, la validità della tutela come modello ornamentale della singola parte considerata autonomamente dipende quindi dal fatto che essa acquisisca un'autonomia ed un pregio estetico peculiari. Comunque si voglia definire la novità del modello ornamentale, è indubbio che essa debba essere esclusa laddove la forma si inserisca, in modo del tutto normale, quale semplice variante, nel panorama estetico del settore al momento della concessione del brevetto. In caso di controversia, pertanto, sarà a completa discrezione del giudice decidere se un certo componente inserito in una determinata vettura ha le caratteristiche per le quali la legge ne prevede la tutela. Un fanale, ad esempio, può essere considerato degno di tutela, in quanto considerato un elemento dalle forme particolarmente innovative determinante nella definizione della linea di una particolare vettura. Mentre, in casi analoghi, un altro giudice potrebbe ritenere lo stesso fanale assolutamente non importante nella definizione del design di una vettura e pertanto non accettarne la protezione come modello ornamentale. Certamente non è facile determinare con certezza l'elemento della novità che rende caratterizzante il componente dell'auto da proteggere. Se il fanale posteriore della Fiat Punto può essere considerato proteggibile in quanto ne caratterizza particolarmente la linea, i fanali delle nuove vetture che hanno adottato in seguito soluzioni estetiche simili (ad esempio la Renault Megane piuttosto che la Ford Focus) non lo sono più, data la mancanza della caratteristica della "novità" per i fanali di tali vetture. Il problema si presenta serio in un contesto di globalizzazione dei mercati in cui manca un'armonizzazione delle norme giuridiche dei vari Paesi: ciò che viene minuziosamente protetto in Francia non lo è per esempio nel Regno Unito o nel Benelux. Risulta evidente che nei Paesi in cui hanno sede importanti aziende automobilistiche si sia prestata maggiore attenzione a questi aspetti e, di conseguenza, si sia realizzato nel tempo una notevole produzione normativa a tutela di tali attività produttive. In particolare in Francia si assiste ad una concreta e forte protezione del modello ornamentale che si realizza facendo rientrare nella normativa relativa al "diritto d'autore" anche la progettazione delle componenti industriali. D'altro canto il riconoscimento dei diritti sopra analizzati potrebbe contrastare con le logiche anti-trust contribuendo ad attribuire alle aziende automobilistiche "posizione dominante". Particolarmente importante è il fatto che il prodotto di imitazione venga venduto in confezione anonima o con marchi che non possano generare confusione, quindi risulta fondamentale adottare una marchiatura da parte del produttore che non possa in alcun modo generare dubbi sul fatto che tale prodotto non è il ricambio originale della Casa automobilistica. Non è questa la sede per imbastire disquisizioni giuridiche, comunque è facile comprendere che insistere troppo sulla brevettabilità quale tutela della "idea creatrice di nuove forme" non sia una strada utile nel campo dei componenti per auto. Per la verità, come si è già detto, la "copia", "l'imitazione", il richiamo e la leggera modifica di modelli preesistenti, sono il motore dello sviluppo industriale; guardandosi intorno, non è possibile dire quanti sportelli, pur debitamente brevettati, sono realmente "esteticamente nuovi ed originali". Il ricorso a tale strumento giuridico sembra essere una specie di "artificio", un modo per distogliere l'attenzione dalla vera materia del contendere che è invece rappresentata dalle quote di mercato e di difesa degli investimenti. Il libro verde della CEE Della questione generale dei brevetti sui disegni industriali la Commissione CEE se ne è occupata fin dal 1991, con un famoso "Libro Verde", in seguito al quale vi furono numerose discussioni e colloqui che, proprio in merito alle parti di ricambio, videro due schieramenti contrapposti: da un lato l'industria, con le posizioni sopra esposte, dall'altro le associazioni dei consumatori e le assicurazioni, fautrici della più ampia libertà e radicate nell'idea che il costo di "sviluppo" delle singole parti è già compreso nel prezzo del veicolo nuovo. Nel dicembre 1993 è stata presentata una "proposta di Regolamento" (quindi con validità uguale per tutti gli Stati membri) che, riconosciuta la brevettabilità CEE di un "design", all'articolo 23 recita: "Il diritto conferito da un disegno o modello comunitario registrato non deve essere esercitato contro terzi che, tre anni dopo la prima immissione sul mercato di un prodotto in cui è attuato o al quale è applicato il disegno o modello, impieghino il disegno o modello in conformità del disposto dell'articolo 21, purché: a) il prodotto in cui è attuato o al quale è applicato il disegno o modello sia parte di un prodotto più complesso dal cui aspetto dipende il disegno o modello protetto; b) l'utilizzatore abbia lo scopo di consentire la riparazione del prodotto più complesso, per ridargli l'aspetto originario; c) gli utenti non siano tratti in inganno quanto all'origine del prodotto impiegato per la riparazione." Per la verità, se si tratta di un veicolo, nei tre anni di protezione il titolare del brevetto venderà presumibilmente ben poche parti di ricambio dato che è appena uscita sul mercato l'autovettura di cui si tratta. D'altra parte il Regolamento, così come proposto, non sembra neanche utile a tenere lontani gli "indipendenti" extraeuropei, che invece stanno crescendo di importanza. Comunque, dal 1993 la proposta ha fatto ben poco cammino. Numerose sono le osservazioni che si possono fare sulla proposta di Regolamento. Esso si focalizza sul "design" e sulla forma e, naturalmente, l'articolo 23 si applicherebbe a tutte le parti di ricambio di tutti gli oggetti. Si cercherà di studiarne più da vicino l'applicabilità per le parti di carrozzeria: fari, luci, lamierati, paraurti, specchi. L'interesse del consumatore è, a parità di qualità, ottenere il prezzo migliore. E' opportuno definire quali siano gli elementi che contribuiscono ad individuare la qualità di un prodotto. Per i lamierati, nello spirito del Regolamento, bisogna considerare solo il design e la forma. Ma un cofano, un paraurti, uno sportello, sono solo pelle, vestito, cioè design e ornamento, o sono anche qualcos'altro? Ogni singola parte della carrozzeria è sì "vestito", ma anche "struttura", nel senso che contribuisce al comportamento complessivo dell'auto in caso d'urto. Se lo sportello originario aveva uno spessore di lamiera di 2/10 mm ed una doppia barra di 3/10 mm, cambiare gli spessori, le disposizioni, la quantità dei punti di saldatura e la qualità dei materiali può significare notevoli cambiamenti rispetto ai valori riportati in sede di omologazione e, probabilmente, peggiorare la sicurezza complessiva dell'autovettura. D'altra parte, occorre riconoscere che, sulle stessi parti, neanche il produttore dell'"originale" fornisce, di solito, alcuna garanzia, a parte quella della "serietà del nome". Una soluzione proponibile sembra essere quella dell'istituzione di un ente "super partes" che, per tutte le componenti della vettura, possa certificare la qualità ed attestare la perfetta intercambiabilità all'analoga parte montata nella produzione di serie. Per taluni dispositivi di sicurezza, quali ad esempio la fanaleria, gli specchi, i vetri ed altri ancora, esistono tutta una serie di normative a livello europeo che devono essere rispettate da parte dei produttori di tali componenti. Il produttore, sia delle parti originali che di quelle di imitazione è infatti obbligato, prima di iniziarne la commercializzazione, a presentare alcuni campioni di prodotto da omologare presso i Centri Prove ministeriali o accreditati dai Ministeri competenti. Questi campioni vengono testati sulla base dei Regolamenti vigenti e, se soddisfano gli standard qualitativi, ottengono l'omologa da riportare su tutta la produzione insieme al marchio identificativo del produttore. Questo modo di procedere non ha rappresentato una garanzia completa nei confronti del consumatore per la mancanza di controlli, anche a campione, realizzati successivamente al rilascio dell'omologazione sulla produzione realizzata. Le recenti certificazioni ISO sulla qualità d'impresa non sciolgono affatto i molti dubbi sulla qualità del prodotto. Essa infatti non certifica il prodotto, ma il processo produttivo, anzi l'osservanza di standard di qualità determinati dallo stesso imprenditore. Perciò due imprenditori possono entrambi esibire la stessa certificazione, realizzando uno un prodotto di qualità mediocre e l'altro un bene di ottima qualità. Capita spesso, purtroppo, di ritrovare sul mercato prodotti di infima qualità realizzati da aziende che si vantano di essere certificate ISO, ma che evidentemente non si fanno alcun tipo di scrupolo nel produrre articoli potenzialmente pericolosi per l'automobilista. Concludendo, il Libro Verde prima e la proposta di Regolamento dopo hanno posto, finalmente, il problema generale di diritto industriale. E' da dubitare che la soluzione, sul punto specifico, possa essere pacificamente raggiunta, né che la proposta colga appieno la complessità della materia. Fonte: intervento congressuale di Roberto Pisapia riprodotto in "Onda Verde" n. 49 settembre-ottobre 1997), pagine 48-51, e "Onda Verde" n. 50 (novembre-dicembre 1997), pagine 52-55.

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