Articoli | 01 May 2011 | Autore: Tommaso Caravani

Corteco: quando il kit diventa “valore aggiunto”

Corteco, azienda storica nella fornitura di anelli di tenuta nel mercato indipendente dell’Aftermarket, amplia ancora la sua gamma di kit tenute offrendo prodotti utili per le più comuni riparazioni.

 

Corteco, nata nel 1996 come divisione Aftermarket del Gruppo Freudenberg, non è certo un’azienda che si ferma ai traguardi raggiunti. Se infatti gli anelli di tenuta sono stati i prodotti capostipite, oggi la Corteco si presenta sul mercato con un’ampia gamma di articoli: dalle singole tenute, alle guarnizioni motore, passando per tecnologia per lo smorzamento delle vibrazioni e ai tubi freno. Un vasto portafoglio prodotti al quale oggi si aggiungono le versioni kit. Si tratta di una formula particolarmente apprezzata dagli installatori ma che, in molti settori, sembra ancora incontrare le diffidenze degli operatori. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Emilio Chiolerio, amministratore delegato di Corteco Italia, per cercare di capire se davvero i kit per le tenute sono i prodotti del futuro, ma anche per parlare della situazione del mercato attuale e della Corteco stessa.

Oggi agli autoriparatori sono proposti kit un po’ per tutto; perché c’era bisogno di un kit per gli anelli di tenuta?
Per tanti motivi. Il primo che mi viene in mente è che le tenute sono componenti relativamente poco dispendiosi ma altamente tecnologici; se vengono installati in maniera errata o nella misura non corretta, possono causare danni anche molto gravi alla vettura. L’incidenza più alta sul costo totale della riparazione è data dalla manodopera. Infatti, per poter sostituire una tenuta è necessario smontare l’intera parte che la contiene, per cui, una volta che il lavoro è già stato svolto, conviene approfittarne e cambiare tutte le tenute collegate in modo da prevenire danni futuri. Si tratta di una manutenzione di tipo precauzionale che per svariati motivi, come la mancanza di tempo o un’errata conoscenza delle tenute da verificare, spesso non viene eseguita. Per semplificare il lavoro degli operatori abbiamo così creato sei tipologie principali di kit: per la distribuzione, per il gruppo frizione, per il differenziale, per gli assali autocarri, per idroguide e per cambi automatici. Quindi, anche se al momento non tutti i riparatori durante il loro lavoro quotidiano impiegano i kit, siamo convinti che sia questa la tendenza da seguire. Infatti, già oggi operatori altamente specializzati come i rigeneratori di idroguide o gli specialisti nei cambi automatici, richiedono soluzioni in kit per evitare lunghe e noiose ricerche dei singoli particolari necessari; probabilmente ci vorrà del tempo, ma credo fermamente sia questa la direzione verso la quale il mercato si orienterà.

Quali sono i vantaggi derivanti dalla distribuzione dei kit?
Durante la fase preliminare in cui si decide lo sviluppo applicativo del kit, è il parco circolante di ogni nazione il fattore principale da tenere in considerazione. Oggi in Italia stimiamo che, con una cifra variabile fra i trenta e i cinquanta codici, un operatore di questo settore possa crearsi un assortimento mirato per coprire tutte le esigenze di fast moving. Si tratta di un investimento di importo non eccessivamente elevato, ma che permette al ricambista di affrontare con una certa tranquillità questo tipo di mercato. Non chiediamo quindi ai nostri clienti di acquistare alla cieca, ma li supportiamo nella valutazione dell’assortimento più adeguato alla zona nella quale si trovano ad operare.

Della vasta gamma di prodotti Corteco, ce n’è uno secondo lei che il mercato sottovaluta e perché?
A mio modo di vedere un prodotto che ha vendite inferiori rispetto al potenziale è il tubo freno. Si tratta di un componente fondamentale per la sicurezza del veicolo, eppure, sorprendentemente, non esiste una normativa in merito alla sua sostituzione; ed inoltre anche la normativa esistente riguardante gli standard minimi per la vendita è, a mio parere, abbastanza lacunosa. Pensiamo, ad esempio, che attualmente è prevista l’omologazione del solo prodotto “tubo freno”, mentre manca l’obbligo di omologare il processo di fabbricazione. Sicurezza, affidabilità e controllo qualità sono prerogative imprescindibili per noi della Corteco. Per questo posso garantire che il 100% dei nostri tubi freno è sottoposto al test della prova di tenuta e presenta la marcatura di tracciabilità.
Dal lato pratico invece, diciamo che, in media, il tubo flessibile freno andrebbe sostituito ogni quattro anni o sessantamila chilometri. Dopo questo periodo non sussistono rischi di rottura, ma con il passare del tempo il materiale con cui questo prodotto è realizzato si ammorbidisce e si crea un effetto “palloncino”, con conseguente allungamento della frenata anche di parecchi metri. Il vero limite di questo particolare è l’elevata manodopera richiesta per la sua sostituzione. Credo che i meccanici abbiano non poche difficoltà a far comprendere agli automobilisti l’importanza di questo intervento preventivo così indissolubilmente legata al concetto di sicurezza.

Per il prossimo futuro, quali sono le vostre strategie?
Vista la particolare situazione del mercato italiano, considerato ormai come uno dei più maturi nel panorama mondiale, abbiamo deciso di invertire la rotta, per cui non più comunicazioni bottom-down bensì bottom-up, per innescare il cosiddetto effetto pull della domanda. Questo vuol dire che concentreremo i nostri sforzi nel cercare di raggiungere l’anello finale della catena distributiva, e cioè punteremo direttamente all’autoriparatore. Addirittura per quanto riguarda la distribuzione dei nostri filtri aria abitacolo, seguendo l’iniziativa del nostro partner esclusivo Sidat, il nostro target sarà il consumatore finale. Saremo infatti in onda con una serie di spot televisivi che saranno trasmessi sulle principali reti nazionali nel periodo dal 7 Maggio al 4 Giugno, in concomitanza con la manifestazione sportiva del Giro d’Italia.
In particolare diventerà di vitale importanza per noi investire risorse nel cercare di comprendere le reali esigenze di chi utilizza quotidianamente i nostri prodotti, in modo da fornire loro il nostro miglior supporto. Pensiamo così di riuscire ad aiutare i nostri clienti a migliorare il proprio business e la propria redditività. Quello su cui principalmente puntiamo è la creazione di valore aggiunto, attraverso formazioni specifiche e altamente tecniche. Organizziamo cioè dei training session, veri e propri seminari di aggiornamento, presso la nostra sede o direttamente presso le sedi dei nostri clienti.
E non dimentichiamo che, anche grazie alla storica collaborazione con numerosi specialisti in vari settori meccanici, ci è stato possibile raccogliere tante informazioni dal mercato, le quali ci hanno permesso di migliorare la nostra offerta.

Appartenete ad un gruppo che fornisce sia il primo impianto che l’indipendent Aftermarket. Come valutate la sfida tra OES e IAM?
Posso iniziare subito con il dire che l’attività dell’OES e quella dell’IAM sono molto equilibrate in Italia. Io provengo dal comparto OE del gruppo, che in seguito ho lasciato per dedicarmi alla divisione Aftermaket, ed ho accumulato così una discreta conoscenza in entrambi i settori. Oggi il mercato è diviso in due: l’OES, che con la sua catena distributiva, raggiunge una determinata quota di mercato, e l’IAM che compensa la mancata copertura con la sua filiera, decisamente più capillare. Noi crediamo che chiunque possa offrire prodotti “matching quality”, cioè di qualità equivalente all’originale, non debba avere timore a porsi in concorrenza con il brand della casa stessa e a proporsi come valida alternativa. Inoltre un altro aspetto molto importante, ma raramente affrontato persino dalle stesse case auto, è quello per cui se l’Aftermarket funziona correttamente su un certo veicolo, questo non è un danno per la casa costruttrice bensì un vantaggio, in quanto la percezione nell’utilizzatore finale è che quel determinato veicolo è costruito bene ed è semplice da riparare. Basti pensare al marchio Fiat in Italia, il cui successo è stato decretato anche perché i “ricambi” per le sue vetture erano facilmente reperibili; una congiuntura particolarmente favorevole questa, dovuta alla combinazione di tipo compensativo delle reti distributive OES e IAM.

Chi è Emilio Chiolerio
Nato come tecnico commerciale nel settore automotive, Emilio Chiolerio entra nel Gruppo Freudenberg rivestendo inizialmente la figura di Product Manager per il prodotto paraolio stelo valvola, nel periodo in cui l’intero processo di sviluppo e produzione del Gruppo a livello europeo trovava la definitiva sistemazione negli stabilimenti italiani.
In seguito diventa Key Account per le forniture primo equipaggiamento del Gruppo Freudenberg per il cliente Fiat Iveco. Dal 2000 è in Corteco Italia, dove ricopre prima il ruolo di direttore generale e poi quello di amministratore delegato.


Freudenberg: mastri pellai
Una piccola conceria per la lavorazione del cuoio. Ecco cos’era la Freudenberg nel 1849, anno della sua fondazione. Di lì a poco, la geniale intuizione di utilizzare gli scarti del cuoio per realizzare i primi anelli di tenuta per i motori delle auto dell’epoca, è la molla che porterà questo piccolo stabilimento ad avere una presenza a livello mondiale.
Due le divisioni principali, tra le molteplici diversificazioni impostate dalla Freudenberg, che discendono direttamente dall’evoluzione di questa conceria e che influenzano le nostre attività di business: la FST, Freudenberg Sealing Technology, e la FFT, ovvero la Freudenberg Filtration Technology. L’investimento nella ricerca e nello sviluppo ha portato alle soluzioni iper-tecnologiche attuali per settore tenute e smorzamento delle vibrazioni e i filtri aria abitacolo realizzati con il famoso tessuto-non-tessuto.

 

 

 

 

 

Photogallery