Articoli | 01 June 2011 | Autore: Angelo R. Braia

La qualità non è standard

Non ci sarà una seconda occasione per fare una buona prima impressione. Per questo bisogna offrire da subito un buon servizio, che deve essere costruito da tutti i membri dell’azienda. Senza offerte standardizzate, ma con proposte che partono dall’ascolto del nostro interlocutore.

Cosa ci piace ascoltare all’infinito? Alcuni pensano si tratti di una canzone, di una voce cara, di un verso del Vangelo. In realtà, quello che noi amiamo ascoltare all’infinito è il nostro nome.
La qualità del servizio inizia dal nome del nostro interlocutore, colui che magari un giorno diventerà un nostro cliente fidelizzato e sarà pronto a fare un passaparola positivo della nostra attività. Comunicare in modo positivo con uno sconosciuto che entra per la prima volta nel nostro stand/negozio/studio è fondamentale. Diamogli attenzione: con lo sguardo, con l’ascolto, con un bel sorriso vero, con il modo di salutare per farlo sentire a proprio agio.
Con la qualità del servizio continuiamo il nostro viaggio all’interno del “fattore umano”, un viaggio tra emozioni e stati d’animo, tra tensioni e felicità: la chiave per far bene il proprio lavoro è essere felici di farlo, e non farlo solo per soldi.
Il servizio è quel processo di interscambio finalizzato alla risoluzione di problematiche e alla soddisfazione di bisogni e desideri delle persone. Si attua attraverso il trasferimento reciproco di informazioni, conoscenze, abilità, lavoro e disponibilità. La percezione del servizio è invece quella sensazione che si avverte ricevendolo.
Definire la qualità del servizio valutando se lo stesso è buono o cattivo non è l’approccio giusto. Ci può essere d’aiuto una felice definizione di qualità nel servizio: la capacità di soddisfare le aspettative del cliente.
Il cliente, nel suo processo di valutazione, è molto influenzato dalle sue esperienze, dalle sue abitudini e soprattutto dalle sue aspettative.
Per esempio, se acquisto a un prezzo decisamente basso un biglietto per un volo charter Milano-Sharm El Sheik e ritorno, l’unica cosa che mi aspetto è probabilmente di decollare e atterrare felicemente. Se invece acquisto un biglietto di prima classe per un viaggio di lavoro per Los Angeles, le aspettative cambiano radicalmente. Come minimo, mi aspetto un menu da ristorante con tre stelle Michelin, con un ottimo vino e una gran quantità di sorrisi e attenzioni da parte dell’equipaggio durante tutto il viaggio.
Naturalmente le aspettative sono influenzate anche dall’immagine che vi siete fatti dell’organizzazione che vi offre il servizio. Uno standard qualitativo che per un certo tipo di organizzazione risulta particolarmente elevato, può essere assolutamente non accettabile per un altro.
Nessuno si aspetterebbe, in un ristorante McDonald, di bere un Brunello di Montalcino d’annata nel suo bicchiere di cristallo e di mangiare con posate d’argento. Nonostante questo, lo standard qualitativo per questo tipo di ristorante è notevolmente alto. E così viene percepito dai suoi clienti.
Noi tutti siamo molto lieti di essere trattati meglio di quanto ci aspettiamo. Di contro, se il servizio viene da noi percepito come inferiore alle nostre aspettative, registriamo immediatamente il fatto, assegnandogli, e spesso senza possibilità d’appello, un voto negativo.
Da qui si evince che il servizio non è “standardizzabile”, poiché è interpretato soggettivamente.
Come afferma Isama Haga, manager della Tokyo Green Counter: "I nostri clienti ci osservano da vicino. Ogni giorno non dobbiamo fare altro che ascoltarli con la massima attenzione e rispetto, ricordandoci che per ogni parere espresso ci sono innumerevoli clienti che la pensano nello stesso modo e non ce lo dicono".
Nel villaggio globale, ogni istante può essere un momento della verità da cogliere al volo per dare il massimo. Che si tratti del fattorino del corriere che deve prendere in consegna i nostri beni o del direttore generale di una multinazionale che ci incontra per decidere se affidarci o meno un lavoro, tutti rappresentano momenti importanti e di conseguenza il gruppo di contatto deve avere delle competenze adeguate a seconda delle skill (abilità) richieste dal ruolo.
Il rapporto tra il cliente e chi gli fornisce un prodotto/servizio è composto di tanti momenti nei quali il cliente si fa un’idea del suo fornitore.
Il management deve quindi sviluppare e far sviluppare atteggiamenti positivi nel gruppo, diffondere il team spirit (lo spirito di squadra) e la collaborazione reciproca, ricercare motivazione e soddisfazione nel lavoro, creare un clima favorevole e, infine, ogni membro della squadra deve assumersi le proprie responsabilità. Di qui il concetto che la qualità esterna non potrà mai superare quella interna.
Se ciascuno di noi facesse ogni giorno un passo di un centimetro verso una maggiore qualità, verso un maggior rigore e una migliore professionalità, riusciremmo in un certo tempo ad avere parecchi chilometri di vantaggio sui nostri concorrenti.
Di qui la necessità che la proprietà e il management di una impresa creino una cultura interna atta a condividere la visione, la missione e i valori aziendali incrociandoli con quelli dell’individuo che collabora con l’azienda, affinché quando si affaccia al mercato rappresenti al meglio il brand e il credo aziendale.
La logica quindi è quella di far crescere le persone che offrono un servizio e portarle a un grado di maturazione, competenza e motivazione, tali da renderle autonome nel pensare creativamente e trovare così per ogni situazione, soprattutto quelle immancabilmente non previste dai manuali ISO, una soluzione appropriata.
Consideriamo fondamentale crescere nella consapevolezza che le trasformazioni, le nuove tecnologie, i processi e gli sviluppi del mondo globalizzato devono viaggiare di pari passo con le energie individuali creando un processo continuo di valorizzazione del capitale umano.

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