Articoli | 01 July 2007 | Autore: Tommaso Caravani

Rigenerato: il futuro è nell’elettronica, o meglio, nella “mecatronica”

Auto ibride, schede elettroniche e computer di bordo: è questo il quadro del settore del rigenerato che è emerso dallo European Remanufacturing Forum che si è svolto ad Amsterdam durante i giorni del Rematec.

L’unica fiera interamente dedicata al mondo del rigenerato, termine che rende male il concetto di tutto ciò che è rimesso a nuovo attraverso un processo di sostituzione delle parti danneggiate e revisione completa di quelle sane, è il Rematec di Amsterdam. Nonostante un nome che non dà immediatamente l’idea del settore merceologico (in inglese va già meglio: Remanufactured Technology), la manifestazione attrae aziende e visitatori da tutto il mondo: dall’America (dove il fenomeno “rigenerato” da tempo non rappresenta più una nicchia), fino a tutti i paesi europei e dell’area mediterranea. In questa cornice l’Apra (Automotive Parts Remanufacturers Association), ente che riunisce tutte le aziende del settore, ha organizzato un Forum sul futuro del rigenerato, comparto che secondo l’associazione è di fronte a una svolta epocale che determinerà un radicale cambiamento delle merceologie proposte e delle metodologie di lavoro.

L’ibrido che è già qui
Ad aprire la sessione di lavoro è Fernand J. Weiland, presidente della sezione europea dell’Apra, che nel suo intervento pone l’attenzione sul mutamento delle vetture in circolazione. Se, infatti, le case auto non hanno interesse a investire nella tecnologia completamente ibrida a causa degli alti costi che questa comporta, è vero altresì che tutti i principali costruttori stanno puntando su quello che può essere definito un “micro-ibrido”, in cui la parte alimentata elettricamente ha la funzione più che altro di ridurre il consumo e favorire l’adeguamento delle vetture alle sempre più stringenti normative sull’ambiente.
Su questo tema saranno quindi chiamate in causa le aziende di rigenerazione, anche perché i componenti che stanno subendo le maggiori modifiche sono proprio quelli che meglio si prestano a questo tipo di processo: motorini di avviamento e alternatori.
Il microibrido, secondo lo stesso Weiland, è stato lanciato sul mercato europeo da Valeo, che ha fornito alla Citröen un motorino di avviamento che è anche alternatore e condensatore, per consentire alla Citröen C3 un risparmio di carburante tra il 3% e il 5% grazie alla funzione Start & Stop, che fa sì che il motore si spenga automaticamente al semaforo per riaccendersi automaticamente con una leggera pressione sull’acceleratore. Per rendere possibile questa operazione, il motore elettrico è in grado di sviluppare 2,5kW ed è equipaggiato con un inverter per l’alimentazione trifase.
Una strategia, quella di rendere il motorino di avviamento e l’alternatore un unico componente con maggiore potenza, che hanno seguito tutti i principali componentisti di primo equipaggiamento: da Visteon, che ne ha realizzato uno da 3kW per Ford, fino a Bosch, il cui sistema è anche in grado di recuperare energia dalle fasi di frenata e consente un risparmio medio dell’8% di carburante.
Se questa è la realtà del “micro ibrido” già diffusa sul mercato, c’è chi pensa più in grande e arriva a potenze superiori, come VW, che ha già pronto un motore in cui la parte elettrica sviluppa ben 25kW.
Una tecnologia quindi che si farà sempre più complessa, ma che offre notevoli opportunità a chi sarà in grado di lavorare su questi nuovi componenti.

Elettronica? Si rigenerano anche le centraline
Proprio sulla capacità di riparare parti con un elevato contenuto elettronico si sono incentrati gli interventi di Rex Vandenberg e Joseph Tripli, in rappresentanza di due importanti aziende che propongono macchinari per questo tipo di interventi: rispettivamente Injectronics Australia Pty e Flight System Electronics Group (USA). I due manager hanno, infatti, sottolineato come una vettura abbia, al giorno d’oggi, almeno una quindicina di body computer (centraline elettroniche) a bordo, che moltiplicate per i circa quattordici milioni di auto vendute ogni anno in Europa, significano circa 224 milioni di moduli l’anno. Questa stima è tuttavia molto inferiore alla realtà, specialmente se si considera che autovetture di fascia alta, come alcune Mercedes, hanno anche 60 centraline a bordo tra controllo motore, stabilità e intrattenimento. Ognuno con il suo stile, entrambi i tecnici (australiano e americano) hanno quindi illustrato come sia possibile intervenire, con i giusti strumenti, anche su questi apparati, diagnosticando e riparando anche i danni della stessa centralina, come la fusione di una saldatura o di un condensatore.
Riparazioni che richiedono però anche l’intervento sul software della centralina stessa. In questo senso è importante porre molta attenzione agli strumenti che si utilizzano. Ogni centralina, infatti, utilizza uno specifico software, che nel caso di organi di sicurezza (vedi ABS) può alterare i parametri di funzionamento.

L’aiuto della ricerca
Il motto “per rigenerare c’è bisogno della ricerca” può sembrare un controsenso, ma la realtà è che oggi il mondo accademico può fornire un utile apporto alle aziende che intendono rigenerare i nuovi componenti elettronici delle vetture. Un esempio di come questa attività incida in maniera attiva sul prodotto finale viene dall’intervento di Michael Haumann, dell’università di Bayreuth (Germania). Questo giovane ingegnere, in collaborazione con il professor Rolf Steinhilper, ha sviluppato una metodologia molto efficace per diagnosticare eventuali malfunzionamenti e rotture di componenti elettronici. Secondo il ricercatore, infatti, il problema della rigenerazione oggi, è proprio nella scarsa quantità di informazioni che arrivano dalle case auto; ragion per cui, l’unica soluzione per ora consiste in una sorta di “fai da te” della diagnosi. Ma se gli strumenti di autodiagnosi possono rilevare eventuali danni a componenti meccanici o dare cattive interpretazioni dei segnali dei sensori, nessuno oggi è in grado di stabilire se una centralina sta per rompersi, oppure per quale motivo si è rotta. I ricercatori dell’università di Bayreth, invece, attraverso una analisi termografica del circuito stesso della centralina, sono in grado di stabilire se questa sta per rompersi, oppure se una sua specifica parte non è più in grado di funzionare e perché.
Il sistema è stato già provato ed è funzionante su molte centraline ECU, e riesce a individuare automaticamente (attraverso dei parametri definiti dagli stessi ricercatori) lo stato di usura della centralina, ma anche un suo eventuale guasto.

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