Articoli | 01 May 2007 | Autore: Tommaso Caravani

Frig Air: investire per recuperare i margini

Mercati esteri, ottimizzazione della gestione aziendale e tanto internet: sono queste le formule, secondo Dino Zappaterra, per rimanere competitivi sul mercato. Certo, rimangono due punti dolenti: le concessionarie e le opinioni degli indipendenti.

Distribuire ricambi è un lavoro duro, soprattutto negli ultimi tempi, in cui i margini si riducono e il numero di codici cresce esponenzialmente. Eppure c’è un’azienda, nel ferrarese, che fa parte del gruppo HACTEC Global Services (un colosso del controllo temperatura) e di cui è la “testa di ponte” per l’Europa, specializzata in radiatori e ricambi per l’aria condizionata, che ha investito in tutte le direzioni: dalla comunicazione all’organizzazione interna, passando per una serie di importanti iniziative sui mercati esteri, con il risultato che oggi è ancora in espansione e non sembra abbia intenzione di fermarsi. Abbiamo incontrato Dino Zappaterra, amministratore delegato di Frig Air, per capire cosa ne pensa del mercato e quali sono le mosse vincenti del gruppo.

Signor Zappaterra, innanzitutto ci racconta la storia di Frig Air?
Frig Air è nata operativamente nel 1991, iniziando a vendere radiatori sul mercato italiano e quello estero. Nel 1996 abbiamo aggiungiunto la linea dell’aria condizionata, mentre nel 1999 è stato il turno della linea di elettroventilatori, un prodotto che serviva a completare la gamma offerta, che da allora è comprensiva di tutti i ricambi necessari per il termico motore e gli impianti di climatizzazione.
Oltre ai prodotti però l’azienda ha compiuto importanti passi anche in altri ambiti. Grazie alla creazione di aziende controllate, infatti, siamo riusciti a incrementare la nostra presenza all’estero, specialmente in Europa. Così nel 1998 è stata fondata Frig Air France, mentre nel 2004 Frig Air Iberia e nel 2006 Frig Air Deutschland, che rappresenta l’ultimo passo in termini temporali. Un gruppo importante quindi, a quanto ammonta il fatturato globale?
Effettuare una stima di questo parametro non è propriamente una operazione semplice, soprattutto tenendo conto delle quote di tutte le società. Potremmo dire, per non sbilanciarci troppo, che come somma totale del fatturato realizziamo circa 20 milioni di euro.
Se poi entriamo più nel dettaglio, potremmo affermare anche che, di questi, circa 14 sono realizzati solo in Italia. O meglio, dall’azienda italiana: Frig Air Italia, infatti, è la realtà più attiva, e può contare anche su un importante ricavato dall’export, che rappresenta circa il 30% del totale. Ovviamente esportiamo esclusivamente verso i mercati che non sono già coperti dalle società controllate.

Nel mondo dell’aria condizionata c’è molto fermento per le nuove tecnologie: quali sono le sue posizioni a riguardo?
Io credo che aziende come Frig Air, cioè di distribuzione, siano costrette a subire decisioni prese da altri riguardo alle nuove tecnologie, specialmente per quanto concerne la questione dei refrigeranti. Inoltre, il cambiamento di un gas refrigerante è uno di quei passi che incidono direttamente sulla tutela ambientale, e oggi questo tema è divenuto sempre più importante e centrale anche nella discussione politica.
Personalmente ritengo che la maggioranza dei grandi costruttori di sistemi per il primo impianto sia già pronta con il CO2, e stiano solamente aspettando il momento migliore per il lancio ufficiale.
Ovviamente, non si sa ancora quale sarà la scelta definitiva, e a questo proposito sorprende un po’ che un paese come gli Stati Uniti abbia fatto marcia indietro su questo gas.
È probabile quindi che possano esserci delle controindicazioni, anche se, personalmente, non ne conosco i motivi.
Quello che è sicuro però è che, con l’utilizzo di questo gas, si salvaguarda maggiormente l’ambiente, mentre per chi come noi distribuisce questi componenti non è un grande problema: si tratterà di commercializzare un prodotto piuttosto che un altro.
Più difficile, a quel punto, potrebbe essere ricreare una gamma completa come quella che possiamo offrire oggi. Si renderà quindi necessario mettere in moto la produzione di componenti alternativi, che è notoriamente più lenta rispetto all’originale. In ogni caso, a differenza di altri, non sono preoccupato da questo cambiamento, anche perché, prima che i nuovi sistemi si presentino sul mercato indipendente, passeranno almeno tre anni dal loro lancio in primo impianto.

Proprio riguardo al mercato indipendente, oggi molti vedono nell’aggressività delle case auto un rischio per questo comparto. Che scenario prevede per il futuro della distribuzione?
Vorrei risponderle con una provocazione: il mercato indipendente non è molto indipendente. Mi spiego: quando parliamo di questo settore bisogna aver chiaro chi sono gli attori. Il fornitore del mercato OE è lo stesso che vende i propri prodotti anche al mercato indipendente, quindi le difficoltà future di questo mercato saranno più che altro quelle di trovare altri componentisti.
Per quanto riguarda la parte a valle, cioè le officine, ho anche in questo caso un’opinione che discorda leggermente dalla generalità. Gli operatori del mercato indipendente e quello dell’originale si sentono oggi in competizione. Questa è una situazione che deriva dal tipo di mercato che abbiamo in Italia, in cui questi due soggetti sono effettivamente in contrasto.
Se però i due attori dialogassero di più, potrebbe esserci una maggiore integrazione, con vantaggi per tutti. Mi spiego meglio: oggi, se un cliente si presenta in una concessionaria, di qualunque marchio, con l’auto ferma a causa di un guasto a un componente specifico, come il radiatore (particolare che tiene ferma la vettura), ebbene, è costretto ad aspettare, poiché nessuna concessionaria tiene quel tipo di prodotto a stock. Il mercato indipendente, viceversa, può fornire lo stesso prodotto, di qualità originale, istantaneamente. La conclusione è quindi che le concessionarie, come avviene in molti paesi europei, potrebbero attingere dal mercato indipendente.
Personalmente poi, non ho molto timore del mercato originale: in primo luogo, infatti, le case auto hanno strutture di grandi dimensioni e questo le porta a essere poco agili sul mercato; inoltre, devono ammortizzare alti costi di ricereca, sviluppo e gestione, ragion per cui un distributore indipendente rimarrà sempre competitivo dal punto di vista del prezzo nei loro confronti.

Un prezzo che però, secondo molti, continua a scendere, il tutto a discapito del margine. Anche voi sentite questa problematica?
Purtroppo il margine delle aziende indipendenti è destinato a calare quotidianamente. È sufficiente confrontare il margine di oggi rispetto a qualche anno fa, per rendersi conto che ci sono differenze di diversi punti percentuali. Per contro, aumentano continuamente i costi di gestione.
Basti pensare all’esplosione dei codici che è avvenuta negli ultimi anni: se una volta il radiatore di una 127 o di una 124 andava bene per anni, oggi ogni modello di auto ha tre o quattro radiatori, e ogni anno vengono immessi sul mercato centinaia di nuove vetture.
In questo frangente, per noi, poter contare su un’azienda di produzione che fa parte del gruppo, significa avere una buona flessibilità, sia sui prodotti sia sul prezzo. In questo modo possiamo concentrare le nostre attività sui prodotti che fanno più volume, anche se quello che una volta era l’80/20 (cioè 80% del fatturato con il 20% dei codici n.d.r.) è divenuto un’utopia, diciamo che è più realistico parlare di 50/50!
Ovviamente se esistesse una contromossa ideale a questi problemi la applicherebbero tutti. Noi abbiamo provato innanzitutto a organizzare meglio l’azienda: migliorando più che altro l’efficienza attraverso investimenti in nuove tecnologie, come l’inserimento di una gestione di magazzino con codice a barre, che a breve diventerà completamente automatica.
Un’altra strategia che abbiamo messo in pratica è stata quella di cercare nuove fonti alternative di acquisizione di prodotti, ma soprattutto nuovi mercati.
La nostra fabbrica di produzione che rifornisce il mercato europeo è, infatti, in Venezuela, mentre per migliorare le vendite abbiamo creato da poco una nuova azienda in Cina. La differenza, anche in questo caso, rispetto ad altri attori dell’aftermarket europeo, è che la produzione cinese non avrà il compito di approvvigionare quello italiano, ma di vendere direttamente al mercato cinese: in questo modo potremmo aprire un nuovo mercato, magari fornendo anche qualche primo impianto.

La maniera tradizionale di aprirsi canali in mercati stranieri è, storicamente, la partecipazione alle fiere.
Oggi, che il calendario fieristico è sempre più fitto, come scegliete gli appuntamenti cui partecipare?
Frig Air ha sempre creduto nelle fiere, tuttavia oggi ce ne sono troppe. La stessa Automechanika, che oggi è l’unica vera fiera di riferimento del settore, sta proponendo molti appuntamenti in vari paesi, ma in questo caso di tratta più della vendita di un marchio, non necessariamente della fiera stessa.
Le fiere stanno perdendo la loro anima originaria, cioè quella di momento di incontro ed esposizione del prodotto.
In questo anche l’Italia rappresenta un’anomalia. È impensabile che il secondo paese europeo per produzione di ricambi non abbia una fiera propria di settore. Ancora peggio, se possibile, averne due: Autopromotec, che sembrava essere la fiera di riferimento e oggi anche Roma. Questo significa che il sistema paese non è stato in grado di creare una sinergia nazionale, perché una seconda fiera toglie comunque risorse.
Questo per dire che tra le due preferiremo sicuramente Bologna, mentre non parteciperemo a Roma. Secondo me, infatti, l’integrazione di Autopromotec al ricambio è stata una bellissima iniziativa, perché, in ogni modo, si trattava già di una fiera molto importante nel mondo dell’attrezzatura.
Per quanto riguarda le fiere internazionali stiamo riconsiderando con attenzione anche Equip Auto, perché sempre meno operatori internazionali vi partecipano, mentre il Motortec è oramai una fiera prettamente locale. In ogni caso, anche se non sarà un’affermazione originale, è ovvio che nessuna fiera è alternativa ad Automechanika.

Per raggiungere mercati lontani uno dei nuovi strumenti forniti dalla tecnologia è internet, qual è il vostro approccio al commercio digitale?
Abbiamo da poco concluso la nostra adesione a TecDoc, la piattaforma digitale per la vendita di ricambi più nota sul mercato. Questo anche perché i quattro/cinque attori più significativi del mercato partecipano attivamente al progetto. Era necessario, quindi, essere con loro; oggi aspettiamo i risultati, anche perché l’investimento è stato notevole e da luglio saremo presenti in maniera efficace.
Questa attività tuttavia è stata svolta esclusivamente per i mercati lontani: da un punto di vista operativo, infatti, i nostri clienti non necessitavano di una piattaforma come TecDoc, anche perché sul nostro sito è già possibile consultare il catalogo. In questo senso la nostra partecipazione è quindi da considerarsi una tecnica di marketing, anche se, purtroppo, quando si parla di comunicazione non si ha mai un’idea del ritorno.
Per la stessa ragione abbiamo deciso di delegare un’agenzia esterna a migliorare la nostra immagine. In questo contesto si inquadra la nuova immagine, sia per quanto concerne le comunicazioni pubblicitarie e istituzionali, sia per le presenze in fiera.
L’obiettivo finale sarà quello di dare un’immagine più “fresca” alla nostra azienda, magari scollegando la comunicazione dal prodotto per dare maggiore importanza alle sensazioni.

Approfondimenti:

www.frigair.com

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