Articoli | 01 March 2007 | Autore: David Giardino

Tsunami disinformazione: l’automobilista in balia dei media

A fronte di ordinari episodi di malainformazione perpetuati ai danni di un automobilista ignaro dei suoi diritti, abbiamo voluto chiarire e ribadire ancora una volta cosa dice la legge su ricambi equivalenti e garanzie.

Sfogliando le riviste dedicate al mondo automotive e rivolte al grande pubblico, ci è capitato più volte di leggere delle informazioni poco chiare, quando addirittura non corrette, in tema di tagliandi e interventi di manutenzione e riparazione in garanzia.
Gli ultimi due episodi riguardano l’Alfa Romeo Twin Spark e la Kia Cee’d. Nel primo caso è stato anticipato l’intervallo di sostituzione della cinghia di distribuzione da 120.000km a 60.000km e su una rivista di prestigio come Quattroruote (n.614 dicembre 2006, pag. 40) è passato un concetto quanto meno male espresso: “Così, chi non si rivolge alla rete di assistenza ufficiale per i tagliandi perde la garanzia e può essere all’oscuro dei nuovi intervalli e rischiare la rottura della cinghia”.
Per quando riguarda il secondo caso, invece, presentando il nuovo modello Kia Cee’d, sulla rivista Auto di gennaio 2007 (pag. 77) troviamo descritta, sotto il titolo “I magnifici 7”, la nuova formula che la casa auto offre: sette anni di garanzia o 150.000km per il motore e cinque anni per il resto della vettura; una formula che “non richiede particolari clausole: l’unica è quella di effettuare regolarmente l’assistenza presso la rete Kia”.
La nostra testata, rivolta agli operatori dell’aftermarket indipendente, è normale sia particolarmente sensibile a queste tematiche e soprattutto al modo in cui certi concetti vengono passati all’utente finale. Riteniamo però doveroso segnalare questi episodi, in primo luogo proprio agli autoriparatori indipendenti, perché diventino più consapevoli di ciò che viene detto all’automobilista e sappiano come controbattere.
In questo senso, abbiamo voluto approfondire e chiarire il discorso con uno studio legale esperto e attivo nel settore automotive: lo Studio Legale Bignotti e d’Acquarone.

In merito alle promesse fatte all’atto della vendita di un’auto nuova da parte di un concessionario, e contenute nella pubblicità e nel libretto di uso e manutenzione dell’auto, aparer suo è corretto cambiare arbitrariamentei tempi di manutenzione ordinaria ivi contenuti, senza incorrere nel difetto di conformità rispetto alla cosa venduta, trasferendotutti i costi conseguenti all’acquirente?
La risposta non può che essere negativa. Infatti, il venditore ha l’obbligo di consegnare beni conformi al contratto di vendita, ovvero beni che siano idonei all’uso al quale normalmente essi servono o a quello che il compratore poteva ragionevolmente attendersi, che presentino le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo e che siano “conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello”. Lo dice, dall’ottobre 2005, l’articolo 129 del Codice del Consumo e lo dicevano, in precedenza, i vecchi articoli 1519-bis e seguenti del Codice Civile. Ora, se dal libretto d’uso del veicolo o dalle altre indicazioni fornite dal venditore, possa ad esempio evincersi che la cinghia di distribuzione ha normalmente una durata di 120.000km, una sua prematura rottura costringerebbe il venditore alla riparazione del veicolo (dell’intero veicolo, ivi compresi tutti quei componenti risultati danneggiati in conseguenza del guasto), alla sua sostituzione o alla risoluzione del contratto (sarebbe del tutto insufficiente invece, per ovvi motivi, la semplice riduzione del prezzo del veicolo acquistato). L’unico problema è costituito dal termine di decadenza di ventiquattro mesi dalla consegna del veicolo, previsto dall’articolo 132 del Codice del Consumo, ma poiché esso è previsto per i soli “difetti non dolosamente occultati dal venditore”, in un caso come quello poc’anzi descritto se ne potrebbe agevolmente concepire l’inoperatività.
Diverso è il problema laddove non possano trovare applicazione le norme dettate dal Codice del Consumo, come nel caso in cui l’acquirente non rivesta la qualifica di “consumatore”, e cioè qualora esso sia costituito da una persona giuridica o da una persona fisica che agisce per scopi inerenti la propria attività professionale (ad esempio un taxista).
Va però detto, a tal proposito, che l’articolo 1512 del Codice Civile, in tema di garanzia di buon funzionamento nella compravendita di beni mobili, stabilisce che se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta, egli è tenuto a sostituirla o ripararla, salvo sempre il risarcimento del danno, purché la denuncia sia fatta entro trenta giorni dalla scoperta del difetto, mentre più accortamente il legislatore ha previsto un periodo di prescrizione che, sebbene più breve degli altri (sei mesi), decorre non tanto dalla consegna della cosa, ma dalla stessa scoperta del difetto.

Può l’acquirente chiedere la risoluzione del contratto oppure l’intervento aggiuntivo in garanzia, quindi senza costi per l’automobilista?
Il Codice del Consumo prevede quattro diverse opzioni per il consumatore al quale sia stato consegnato un bene che presenti un difetto di conformità. In particolare, egli è abilitato a chiedere la riparazione del bene, la sua sostituzione, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.
I primi due rimedi sono destinati, per loro natura, a trovare un’applicazione più ampia rispetto ai secondi.
La riparazione o la sostituzione del bene devono avvenire, come precisa la legge, senza spese per il consumatore: ciò significa che il venditore dovrà accollarsi ogni onere relativo, in particolare, alla spedizione, alla mano d’opera e ai materiali impiegati.
In ogni caso, la scelta del consumatore di avvalersi della riparazione o della sostituzione non è del tutto discrezionale, perché essa sconta la necessità di tenere in debito conto l’eventuale impossibilità del rimedio scelto o la sua eccessiva onerosità rispetto all’altro.
In particolare, come precisa l’articolo 130 del Codice del Consumo, dovrà ritenersi eccessivamente oneroso, rispetto all’altro, il rimedio che imponga al venditore spese irragionevoli, tenuto conto del valore del bene, dell’entità del difetto e dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere messo in atto senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
È comunque utile evidenziare che le riparazioni o le sostituzioni devono essere eseguite entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore.
La risoluzione del contratto, così come la riduzione del prezzo, costituiscono invece l’extrema ratio per porre rimedio alla situazione di iniquità venutasi a creare con il difetto di conformità. Esse possono essere richieste dal consumatore soltanto laddove la riparazione o la sostituzione del bene si rivelino oggettivamente impossibili o eccessivamente onerose, oppure quando il venditore non abbia provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine oppure, ancora, qualora esse abbiano arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Va ancora evidenziato che, in ogni caso, il venditore può attuare rimedi alternativi a quelli contemplati dalla legge, purché essi siano però accettati dal consumatore.

L’utilizzo o meno di ricambi equivalenti all’originale per la manutenzione ordinaria di un veicolo possono compromettere la validità della garanzia legale di 24 mesi sul veicolo nuovo?
L’impiego di ricambi cosiddetti equivalenti non compromette, di per sé, la validità della garanzia legale. Il regolamento CE 1400/02, più comunemente conosciuto come regolamento Monti, se da un parte vieta gli accordi con i quali le case automobilistiche impediscono ai propri rivenditori la vendita a terzi di parti di ricambio originali, dall’altro consente agli autoriparatori, siano essi cosiddetti autorizzati o indipendenti, di utilizzare pezzi di ricambio fabbricati secondo le specifiche tecniche e gli standard di produzione fissati dal costruttore di autoveicoli. Tali parti di ricambio, per essere considerate equivalenti, necessitano di un certificato rilasciato dal loro costruttore, che attesti che esse sono state costruite seguendo tali specifiche. La conservazione della garanzia è tuttavia pur sempre subordinata al corretto montaggio dei ricambi impiegati, e all’esecuzione a regola d’arte dell’intervento di manutenzione operato sul veicolo.

È corretto inserire nei libretti di manutenzione ordinaria, consegnati insieme alla vettura nuova, l’obbligatorietà di effettuare i tagliandi di manutenzione ordinaria presso la rete ufficiale?
No. A prescindere da quanto indicato nel libretto di manutenzione consegnato unitamente al veicolo, è indispensabile che l’acquirente prenda coscienza delle opportunità che nel corso degli ultimi anni gli sono state riconosciute da una disciplina comunitaria che si dimostra ben più sensibile, ai problemi della concorrenza, di quella nazionale. L’acquirente deve avere cognizione del proprio diritto di rivolgersi ad autoriparatori indipendenti nell’esecuzione degli interventi di manutenzione e riparazione, si rendano essi necessari tanto nel periodo di garanzia legale quanto in quello di garanzia cosiddetta estesa. Ogni messaggio che induca l’acquirente a rivolgersi all’autoriparatore autorizzato costituisce, oltre che un atto di concorrenza sleale nei confronti degli altri autoriparatori, un messaggio pubblicitario ingannevole, che merita di essere segnalato all’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato.

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