Articoli | 01 April 2007 | Autore: David Giardino e Cristina Palumbo

Maina: vicinanza al territorio e centralità di un progetto comune

Nasce nel 1968 e oggi, a 40 anni di distanza, rappresenta una forte realtà nel mercato aftermarket di Toscana e Umbria, una posizione raggiunta a piccoli passi, ma senza fermarsi mai.

Sono passati quasi tre anni dall’ultima volta che abbiamo fatto visita a Maina, distributore regionale per Toscana e Umbria, legato al gruppo I.DI.A. – Point Service; tre anni in un mercato che è cambiato e chiede ancora cambiamenti. Vediamo cosa è successo in Maina: lo abbiamo chiesto a Graziano Nocentini, vice presidente di Maina, e Simone Reali, responsabile vendite dell’azienda.

Rispetto al nostro precedente incontro, Maina sembra essere cresciuta, sia come struttura, sia come volume d’affari; tutto merito della recente acquisizione o c’è anche dell’altro?
Sicuramente la fusione per incorporazione di Centroricambi, iniziata nel 2005 e resa operativa a partire dal gennaio 2006, ha accresciuto di molto la nostra presenza nel mercato toscano, sia in termini di fatturato sia di rapporti con nuovi importanti clienti; al tempo stesso lo sviluppo del progetto Point Service ha contribuito ad aumentare il valore aggiunto che oggi possiamo offrire alla clientela.

Andiamo con ordine allora, innanzitutto ci racconti di questa fusione con Centroricambi e delle difficoltà che avete incontrato nell’integrare le due strutture.
Partiamo dalle origini: Centroricambi è nata nel 1976 quando Osvaldo Verniani, allora venditore di Maina, colse l’opportunità, in accordo con i soci di Maina del tempo, di creare una nuova azienda iniziando a distribuire i prodotti Motorcraft. In quegli anni il mercato era molto protetto e fondato su zone in esclusiva; non era possibile gestire più marchi concorrenti nella stessa società. In seguito, Centroricambi ha allargato di molto il proprio pacchetto prodotti, impostando la distribuzione di prodotti importanti quali quelli del gruppo SDR, Bosal, Beru e Lucas, divenendo un punto di riferimento della distribuzione in Toscana e Umbria e al tempo stesso un importante nostro concorrente.
La decisione di acquisire questa società e di creare quindi insieme una struttura di diverse dimensioni e peso specifico nasce dall’esigenza di rafforzare la nostra presenza sul mercato del ricambio in Toscana e Umbria.
Al tempo stesso il quadro competitivo dove operiamo è notevolmente cambiato negli ultimi dieci anni: oggi cliente e fornitore sono abituati a trovare anche marchi in concorrenza presso uno stesso distributore e dunque questa fusione, incrementando ulteriormente la nostra offerta di prodotti anche alternativi, ci consente oggi di rispondere meglio alle esigenze del cliente.
Unire due aziende in una richiede sempre uno sforzo notevole e una condivisione degli obbiettivi strategici da parte di tutti; questo vale ancora di più quando si tratta di integrare realtà a carattere familiare dove i rapporti interpersonali sono fondamentali.
Oggi in Maina operano a diverso titolo 36 addetti, in tre magazzini diversi, e quindi non si può prescindere da procedure e meccanismi organizzativi ben definiti e condivisi.
Credo personalmente che nel corso del 2006 siamo riusciti a integrare due realtà caratterizzate da una storia, una cultura e modi di pensare e decidere in parte notevolmente diversi. Il fatto che il nostro fatturato alla chiusura del 2006 sia pressoché pari alla somma dei fatturati delle due aziende nel 2005 significa che il mercato ha premiato questa operazione: 12 milioni di euro, per noi è un buon successo.

Oggi come siete organizzati?
Oggi l’integrazione fra le due strutture è quasi completa; ne sono stati interessati tutti i livelli: rete vendita, contabilità, magazzino, dirigenza. Il prossimo passo, che si impone in tempi brevi, sarà trovare una nuova sede dove convogliare i due magazzini di Firenze e Sesto Fiorentino. Oggi questi due punti di distribuzione permangono distinti, in quanto nessuno dei due attuali magazzini può contenere tutti i prodotti distribuiti.

Come hanno reagito fornitori e clienti a questo passo?
Direi bene, anche perché abbiamo agito con la massima trasparenza. È stato importante coinvolgere clienti e fornitori, e spiegare in anticipo le nostre intenzioni, condividerne motivazioni e ambizioni: devo dire che questa impostazione ha dato veramente buoni risultati. Con i fornitori, in particolare, siamo stati chiari fin da subito, evidenziando che la nostra strategia non era quella di “cannibalizzare” prodotti, creando fornitori di serie A e di serie B, ma che si sarebbe trattato di una buona opportunità per tutti.

Questo ampliamento vi ha portato verso altre tipologie di clienti? Temete che i concessionari diventino fornitori di ricambi alla rete indipendente?
Allo stato attuale non vediamo cambiamenti del parco clienti e non consideriamo questo un nostro obiettivo: crediamo in questo mercato e nella rete dei rivenditori indipendenti fidelizzati. Su questi investiamo, dando a loro gli strumenti necessari per essere competitivi nei confronti dei concessionari; il nostro scopo è di collaborare strettamente con quei rivenditori che ci danno fatturato e progettualità e insieme a loro competere con il concessionario di zona, sia esso singolo o, come accade sempre più spesso, consorziato insieme ad altri suoi colleghi.

A proposito di consorzi e gruppi, come si sposano le vostre attività di distribuzione con le logiche di gruppo?
La nostra strategia di rafforzamento nell’area di competenza (Toscana e Umbria) e di investimento sui rivenditori più fidelizzati è in piena sintonia con le logiche di appartenenza al consorzio nazionale I.DI.A. e al rafforzamento di questo nel panorama europeo tramite l’accordo internazionale con Temot.
La nostra volontà è essere sempre più forti e presenti sul territorio locale, per essere più vicini ai nostri clienti e per essere in grado di offrire a questi maggiore valore aggiunto: a breve tutti avranno gli stessi prodotti, più o meno lo stesso livello di prezzo e il resto farà la differenza.

Parliamo del progetto officina: come è il rapporto con il vostro cliente finale?
Il nostro rapporto con l’installatore passa sempre attraverso il rivenditore nostro cliente, con il quale collaboriamo strettamente per fornire all’autoriparatore non soltanto il prodotto, ma anche tutte le informazioni e il supporto di cui oggi necessita. Sicuramente oggi si possono distinguere due diversi atteggiamenti da parte dell’installatore: c’è chi preferisce ancora aspettare e continua a operare con una logica tradizionale, anche se con sempre maggiori difficoltà, e c’è chi, invece, ha reagito in maniera propositiva e si pone il problema di come investire per essere più attraente nei confronti dell’automobilista: questi autoriparatori sono quelli che vogliono crescere professionalmente, sono disposti a investire, vogliono essere informati sulle nuove tecnologie, cercano un contatto più ampio con il produttore di ricambi. Non è facile stargli vicino e rispondere alle loro esigenze, ma crediamo che sia la chiave per costruire il successo di domani. Con Point Service abbiamo intrapreso un percorso lungo, ma che sta dando e darà risultati sempre più importanti e che porterà ad avere una rete di autoriparatori professionali molto preparati, in grado di intervenire anche sulle auto nuove, con soddisfazione da parte dell’automobilista. I nostri sforzi vanno tutti in questa direzione.

Alcuni distributori in altre zone hanno fatto una scelta particolare: hanno inserito nella gamma prodotti anche le attrezzature: voi cosa pensate di fare?
Sicuramente si tratta di una scelta importante e strategica, ma che deve essere ponderata in base al mercato con cui ci si confronta e al tipo di competenze ed esperienza che sono necessarie per questa attività. Questo anche alla luce della diversa dinamica che caratterizzata la vendita dell’attrezzatura rispetto a quello del ricambio meccanico. Dal canto nostro già da qualche anno abbiamo iniziato, in collaborazione con Bosch, la formazione di una risorsa tecnica interna, oggi in grado di fornire assistenza di hot-line e sul campo agli installatori Point Service, in grado di organizzare momenti formativi per l’autoriparatore e di realizzare proposte di fornitura anche di attrezzatura. La nostra è una filosofia di piccoli passi e di consolidamento delle posizioni attuali per poi intraprendere nuove iniziative.

Piccoli passi, ma grandi risultati negli ultimi anni. Secondo voi dove sta andando questo mercato?
Per Maina la ricetta vincente è essere piccoli localmente e dunque specifici, vicini al cliente, flessibili e quindi in grado di ascoltare quello che il mercato ci chiede, e veloci nelle risposte. Ma al tempo stesso essere grandi e importanti centralmente, tramite l’appartenenza a un’organizzazione con orizzonti europei. Difficilmente un‘organizzazione completamente centralizzata e strutturata riesce gestire le diversità locali, le differenze di approccio e di mentalità che si incontrano sul territorio.

Per concludere, vi ritenete soddisfatti della collaborazione con i vostri fornitori partner?
Sicuramente sì, anche se ritengo ci siano ampi margini di miglioramento. Una lamentela che mi sento di fare nei loro confronti è che, in generale, negli ultimi anni i fornitori si sono concentrati più sul primo impianto e sulla progettazione e realizzazione del prodotto, dismettendo alcuni servizi per noi importanti, soprattutto in termini di analisi di mercato, marketing, studio di prodotti mirati sul cliente finale. Credo che il nostro compito sia proprio quello di riportare al fornitore le esigenze dell’autoriparatore. Spesso non si rendono conto, per esempio, della necessità per il mercato indipendente di avere subito disponibile il ricambio necessario per la riparazione delle auto di nuova immatricolazione che già dopo poche settimane dall’ingresso sul mercato entrano nelle nostre autofficine per interventi di manutenzione.

Lei ha ragione, ma i componentisti sono spesso costretti da contratti restrittivi e vincolanti dalle case auto, contratti che non permettono che prima dei due anni i prodotti arrivino in aftermarket…
E infatti questa è una delle cose da cambiare, non solo a vantaggio dell’autoriparatore, ma anche per il produttore stesso, che non deve trascurare il mercato indipendente, sicuramente più vantaggioso in termini di redditività rispetto ai contratti di fornitura di primo equipaggiamento.
Oggi sappiamo quanto è importante per gli autoriparatori più professionali poter intervenire, grazie alle nuove normative, sull’autovettura del loro cliente anche un giorno dopo l’immatricolazione, senza che decada la garanzia del costruttore. Molti di loro hanno capito che se rinunciano agli interventi nei periodo di garanzia legale e di garanzia estesa, rischiano di perdere completamente il loro cliente. Per questo è sicuramente fondamentale far conoscere all’automobilista i suoi diritti di potersi rivolgere anche a un autoriparatore indipendente, tecnicamente preparato per fare manutenzione anche su veicoli di nuova generazione; ma se l’installatore non può disporre dei ricambi per quella autovettura come fa a proporsi al cliente? Ecco che in questo scenario assume importanza fondamentale anche una presa di coscienza da parte del produttore del suo ruolo per lo sviluppo del mercato indipendente.

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