Articoli | 27 May 2022 | Autore: Tommaso Caravani

​Interventi di manutenzione straordinaria: come cambia la riparazione

Dal solo giro cinghia a tanti nuovi tipi di intervento, perché le auto cambiano e con loro le necessità dell’assistenza.


Per lungo tempo la manutenzione straordinaria è stata praticamente solo la cinghia di distribuzione e i ricambi a essa connessi. Tanto che molte figure professionali, dall’elettrauto al pompista, sono ormai praticamente sparite dal mercato, finendo per essere assorbite dalla figura del meccatronico o dai centri specializzati di rigenerazione (nel caso dell’iniezione). Ma il mondo dell’autoriparazione, negli ultimi anni, ha dovuto confrontarsi con così tante innovazioni tecnologiche che hanno portato alla luce nuove problematiche e la richiesta di nuove competenze, oltre al fatto che alcuni componenti, fino a vent’anni fa, neanche esistevano.

Cerchiamo allora di fare una panoramica di tutto quello che concerne gli interventi straordinari che possono essere richiesti a un autoriparatore, tenendo però sempre presente che realizzare una guida esaustiva di tutte le casualità è impossibile; ci concentreremo quindi su macro trend che possono capitare con una maggiore frequenza. 

Elettronica: il tallone di Achille delle auto

Se in passato il ruolo dell’autoriparatore riguardava prevalentemente la meccanica è indubbio che gli ultimi decenni abbiamo visto incrementare in maniera esponenziale l’elettronica a bordo dei veicoli. Una tendenza destinata a crescere e che porterà, anzi ha già portato nel caso della Volkswagen id3, alla realizzazione di computer su ruote. Il ruolo cioè delle tante centraline sarà demandato a un unico server montato all’interno dell’auto, che avrà il compito di gestire tutti i componenti elettronici del veicolo.

Ecco allora che, in fase di manutenzione, sarà sempre più frequente incappare in danni relativi ai cablaggi, così come in interventi su centraline specifiche. A differenza di quanto si pensi, infatti, con l’aumento della potenza di calcolo necessaria a un’auto per gestire tutti i sistemi elettronici, l’attività delle centraline è diventata particolarmente gravosa e queste tendono a surriscaldarsi e usurarsi nel tempo.
Oltre al “consumo” naturale dell’elettronica, poi, ci sono una serie di nemici naturali di questi componenti: dall’umidità agli stress meccanici. 

Ecco i nuovi protagonisti della manutenzione straordinaria

Un esempio di un danno che fino a ieri era quasi sconosciuto è rappresentato dai serbatoi di Urea. Sebbene il serbatoio in sé, che è fatto di plastica, difficilmente si danneggia (se non a seguito di eventuali incidenti), è proprio la presenza di una centralina elettronica a causare il malfunzionamento di questo componente.

La centralina, infatti, ha differenti funzioni: dal monitoraggio del livello del liquido alla gestione dell’iniezione di Urea. Il problema è che questo componente elettronico è, di fatto, parte integrante del serbatoio ed è esposto a parecchi tipi di sollecitazioni tra cui, non ultimo, il fatto che si trova nei pressi di un elemento molto corrosivo come l’Urea (che di fatto è ammoniaca). Nel caso di alcune vetture (il più noto è il problema legato ai propulsori BlueHDI del gruppo PSA, ma anche il gruppo VW non è immune a questa problematica), quello che succede è che la centralina si danneggia provocando l’arresto del mezzo. A questo punto l’unico intervento possibile è la sostituzione del serbatotio, che ha un costo non indifferente.

Un altro esempio è quello delle sonde NOx. Questi sensori, presenti su tutte le vetture Diesel, sono oramai un problema quasi quotidiano per gli autoriparatori e rappresentano quello che è stato negli anni 90 e 2000 le sonde Lambda: un ricambio ad alta rotazione.
I motivi per cui questi sensori si danneggiano con tanta facilità sono molti: a partire dall’umidità (magari di condensa all’interno dei gas di scarico) fino ai danni meccanici, passando per eventuali perdite di carburante; l’uso di additivi e carburanti “arricchiti”; rapidi cambi di temperatura e la presenza di troppo olio nel motore (in questo caso i danni che si rischiano di produrre impatterebbero però anche sulla sonda Lambda e in generale su tutto lo scarico).

Anche i danni ai sensori NOx portano al fermo del mezzo, perché ormai la parte delle emissioni è strettamente legata alla sicurezza del mezzo e un eventuale malfunzionamento porta la vettura in recovery per evitare danni ambientali. 

Emissioni: la sfida del futuro, i danni del presente

D’altronde la parte “ecologica” dell’auto è strettamente di attualità. E se le vetture elettriche non sembrano ancora essere vicine, l’attenzione nei confronti della realizzazione di motori endotermici “puliti” è sempre maggiore. Così se un tempo, quando furono introdotti i primi catalizzatori, solo pochi utenti si sono mai preoccupati del corretto funzionamento di questo componente, oggi non è più possibile ignorare un malfunzionamento dello scarico.

Lo sanno bene tutti i proprietari di auto Diesel: tra rigenerazioni del Fap e situazioni di blocco dell’auto, lo scarico decreta se il mezzo può muoversi o meno. E le problematiche finiscono sempre più spesso in officina. Per capirlo basta guardare l’attenzione che si sta ponendo verso un ricambio dalla sempre maggiore diffusione: il filtro antiparticolato.
Questo componente dovrebbe avere una vita utile pari a quella dell’auto ( o quantomeno almeno tra i 100 e i 200 mila km), ma la verità è che spesso i processi di riduzione dei depositi carboniosi e quelli di rigenerazione non riescono a impedire che il filtro si intasi completamente (o quasi). Anche in questo caso è necessario intervenire e, non è un caso, che stia nascendo una nuova industria in grado di rigenerare in maniera industriale questi componenti.

Un filtro antiparticolato, infatti, è un complesso blocco ceramico (carburo di silicio) poroso che permette ai gas di passare bloccando le impurità. In alcune motorizzazioni poi (in particolare quelle turbo Diesel) è bene verificare sempre che il Fap sia efficiente, perché, nel caso di una sua otturazione, possono verificarsi episodi spiacevoli (ad esempio gasolio che passa nella coppia dell’olio) che possono portare anche alla rottura del motore. 

L’impatto della tecnologia sullo sterzo

Ma se il Fap è, di fatto, un componente che si guasta per motivi meccanici (ostruzione), l’aumento della tecnologia sta portando anche a nuove forme di rotture e difetti che sono una conseguenza non attesa proprio dell’elettronica di bordo.

Un esempio, che veramente era difficile da immaginare, è rappresentato dalla scatola dello sterzo. Nelle nuove vetture, infatti, la presenza sempre maggiore di sistemi ADAS sta portando l’auto a gestire in maniera autonoma anche alcune parti della guida: dal monitoraggio della corsa alla frenata di emergenza, fino a veri e propri “abbozzi” di guida autonoma, lo sterzo non ha più a che fare solo con un essere umano che ne decreta i movimenti, ma anche con un computer che effettua micro-correzioni dello stile di guida.

E proprio questo tipo di controllo fa sì che la scatola sterzo, ormai elettrificata a valle, sia sottoposta a un tipo nuovo di stress, con la conseguenza che i danni e le problematiche alla guida aumentano in frequenza. 

Un mondo di centraline

Per chiudere il discorso sull’elettronica non è possibile, infine, non accennare al problema delle centraline.
Se un tempo esisteva solo una ECU (Engine Control Unit), che di fatto si occupava di gestire solo il corretto funzionamento del motore, oggi, nei casi più estremi, si possono superare le 80 centraline a bordo di un’auto. Ognuna ha una funzionalità specifica (dall’infotainment alle chiavi elettroniche, dalla gestione del clima ai sistemi alzacristalli eccetera, quasi all’infinito) e tutte sono collegate (quasi sempre) attraverso una rete Can Bus.

Ogni centralina è generalmente molto robusta eppure si tratta sempre di componenti elettronici e in futuro assisteremo sempre più a rischi di malfunzionamento legati a questi componenti per due motivi: da una parte, infatti, nonostante l’attenzione possono sempre crearsi dei difetti di produzione che, tra temperature sempre più varie del clima e ambienti magari non proprio favorevoli, possono portare alla rottura del componente. Dall’altra, invece, si moltiplicano i problemi dovuti proprio al passaggio dei segnali elettronici: i cablaggi e i contatti sono il punto debole di ogni sistema elettronico, specie se questo è posto in un luogo ostile, come un vano motore o un sottoscocca.

La problematica maggiore, in questi casi, è che non è semplice distinguere la causa del problema. Se infatti il sistema di autodiagnosi di un’auto è in grado di identificare dove si trova il problema, non è possibile capire da cosa sia causato, a meno di una diagnosi specifica. In particolare, se la centralina segnala un errore è molto probabile che, escluso il guasto meccanico, possa essere proprio un problema di segnale mal interpretato: una centralina rileva solo il fatto che il segnale non è corretto, non il perché.

Per questo una delle tendenze da tenere a mente per il futuro sarà quella di specializzarsi sempre più in analisi dell’elettronica di bordo attraverso metodi che sembravano essere passati di moda (come l’utilizzo di pinze amperometriche, multimetri e oscilloscopi). 

Motore: iniezione e cinghie

Tornando però a quello che da sempre rappresenta il cuore di un’auto, cioè il motore, i cambiamenti in ambito di manutenzione straordinaria non sembrano eclatanti rispetto agli ultimi tempi, a meno di non prendere in considerazione le nuove motorizzazioni ibride ed elettriche.
I motori tradizionali, infatti, si scontrano con problemi noti e casistiche ben conosciute ormai dalla maggior parte degli operatori.

La prima problematica, che oramai è piuttosto nota, riguarda l’iniezione sia benzina sia Diesel.
La difettosità più frequente nasce dai carburanti, non sempre perfetti e con presenza sia di microparticelle (che non sempre sono trattenute dai sistemi di filtrazione, magari perché non sostituiti) sia di acqua. Benché il problema sia piuttosto noto, oggi a cambiare è il mercato: i pompisti, specialisti nella rigenerazione degli iniettori, sono una categoria sempre meno presente sul mercato e trovare iniettori ricondizionati non è banale né semplice (complice anche la tendenza dei produttori a spingere su tecnologie sempre più complesse di realizzazione, che spesso rendono molto onerosa la rigenerazione di un iniettore). Inoltre, l’altra difficoltà è relativa proprio all’approvvigionamento dei componenti: in aftermarket non tutte le applicazioni sono disponibili e in alcuni casi è difficile reperire anche il prodotto originale.

Ciò che invece è più semplice da reperire e sicuramente rappresenta ancora la regina della manutenzione straordinaria è la cinghia di distribuzione e i relativi accessori: dai tendicinghia ai galoppini fino alla pompa dell’acqua.
Questo componente, assieme alla catena di distribuzione, sembra destinato a garantire una lunga vita lavorativa agli autoriparatori. Nonostante, infatti, le tecnologie renderebbero possibile allungare la vita di questo componente ben oltre la durata del veicolo, tutti i produttori hanno capito che è saggio mantenere la sostituzione periodica di questo elemento a intervalli regolari. Questo perché sempre più servizi sono azionati dal “giro cinghia” e possono danneggiarsi prematuramente, ma anche perché, un’eventuale rottura, porta sempre conseguenze talmente nefaste che è comunque meglio procedere con delle sostituzioni regolari. 

Ibrido ed elettrico: la questione batterie

Se parliamo di manutenzione straordinaria non possiamo poi almeno accennare alle nuove problematiche che si portano dietro le auto ibride ed elettriche. La prima vettura ibrida commercializzata con un certo successo in Italia, infatti, è la Toyota Prius. La prima versione risale addirittura al secolo scorso (1997), ma è con la terza generazione che in Europa è arrivata ad avere un circolante almeno presentabile, cioè dal 2009.

Si tratta quindi di auto che circolano sulle strade da ben 13 anni, mentre la piccola ibrida di Toyota (la Yaris Hybrid) compie quest’anno dieci anni dal suo lancio. Al di là delle vetture dell’ovale, il punto è che ormai abbiamo auto ibride che hanno girato la boa dei 10 anni e il problema è tutto nell’autonomia delle batterie. Sarà questa la sfida del futuro anche per l’autoriparazione, perché se l’acquisto di un pacco batterie nuovo è spesso antieconomico rispetto al valore del mezzo, in Europa stanno iniziando a nascere società specializzate nella rigenerazione di questo componente, che nel prossimo futuro è destinato a crescere nella domanda e nella richiesta di manodopera in grado di installarlo. 

Il telaio e freni

L’ultimo accenno alla manutenzione straordinaria riguarda i freni e le componenti del telaio. Negli ultimi anni, infatti, alla faccia del downsizing, i pesi delle vetture sono notevolmente aumentati, sollecitando proprio i componenti del telaio e la parte destinata alla frenata.
Sulle vetture tradizionali questo si è tradotto in un aumento dimensionale dei vari componenti che oggi, almeno per il telaio, incontrano anche una problematica nuova: la sostituzione di qualsiasi componente che incide sull’assetto del mezzo, infatti, richiede di ricalibrare i sistemi di assistenza alla guida, fornendo loro un nuovo “punto zero” del mezzo rispetto alla strada.

L’incremento di auto ibride ed elettriche poi ha portato a un ulteriore aumento del peso. Se per bracci e testine questo ha comportato una maggiore usura, però, sull’impianto frenante è successo qualcosa di meno immaginabile. Nonostante l’aumento del peso, infatti, i sistemi di guida “elettrificata” prevedono ormai universalmente che parte dell’energia di frenata sia “assorbita” da un generatore per ricaricare le batterie e non disperdere in calore questa attività.

Eppure i freni continuano a essere fondamentali anche sulle auto elettriche e ibride, anche perché la tendenza, proprio per limitare costi e pesi, è stata quella di un generale downsizing degli impianti (meno sollecitati che in passato), che hanno portato a una vita media di dischi e pastiglie paragonabile a quelle delle auto tradizionali.

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