Articoli | 18 April 2024 | Autore: Tommaso Caravani

​La manutenzione auto tra passato e futuro

Nuove tecnologie, ma un circolante che invecchia: la manutenzione ordinaria diventa sempre più complessa da gestire e potrebbe essere appannaggio di operatori differenti.


Ci sono due dati che rendono il panorama del futuro della riparazione complicato da interpretare, soprattutto quando si parla di manutenzione ordinaria.

Da una parte, infatti, il parco circolante ha raggiunto la veneranda età media di 12,7 anni, rendendo il nostro circolante sicuramente in linea con quello europeo, ma molto più vecchio di quanto eravamo abituati in passato; dall’altra le nuove vetture sono prevalentemente ibride (ormai l’ibrido ha raggiunto la quota del Diesel), creando di fatto nuove necessità manutentive rispetto alle normali auto a combustione interna.
 
Il tutto senza contare che in quasi 13 anni le tecnologie a bordo di un’auto si sono moltiplicate, rendendo sempre più necessarie nuove competenze per mantenere una vettura efficiente. Infine bisogna considerare anche che, da una parte le auto più anziane sono perlopiù appannaggio dei privati, mentre le nuove immatricolazioni sono ormai per il 50% riconducibili a flotte (private o di noleggio) che hanno non solo esigenze, ma anche intervalli di manutenzione molto differenti da quelli di un automobilista privato.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire che sta succedendo.

13 anni, un’era fa

Se prendiamo come riferimento l’anno appena passato, significa che il paragone rispetto all’età media del circolante bisogna farlo con il 2013. 
In quell’anno l’auto più venduta era la Fiat Punto, che da poco aveva superato per vendite la Panda.

Panda che oggi è ancora l’auto più venduta in Italia, ma nella sua accezione ibrida (o quantomeno dichiarata tale). E la più grande differenza che salta all’occhio tra il passato e il presente è proprio la composizione delle auto nuove vendute: se 13 anni fa le vetture erano in maggior parte Diesel, seguite a breve distanza da quelle benzine e molto indietro le alimentazioni alternative come GPL e metano, oggi la classifica è dominata proprio dalle auto ibride. Benzina ibrido per essere precisi.

Nonostante l’elettrico non sia ancora affermato tra il pubblico italiano, quindi, la transizione verso un circolante elettrificato è comunque iniziata.
La prima conseguenza, al di là di mille considerazioni, è in realtà positiva. Prendendo una Panda ibrida rispetto alla sua gemella benzina, infatti, gli intervalli di manutenzione ordinaria si riducono e aumenta la manodopera necessaria (da 4,95 ore a 6,45 ore secondo i tempari di casa auto).
Di contro, però, sempre più aumenteranno le competenze necessarie per la manutenzione, perché il caso della Panda, per restare in tema, è probabilmente il meno significativo del mercato (la Panda Hybrid è poco più di un mezzo con meccanismi Start&Stop).
 
Il caso diventa completamente differente se si prendono in considerazione le auto ibride di ultima generazione, siano esse Full Hybrid o Plug and Play: in questo caso l’elettrificazione raggiunge livelli molto più ampi e coinvolge diversi organismi del mezzo. A partire dalla trasmissione (che nelle auto ibride è quasi sempre accoppiata a trasmissioni automatiche, robotizzate o variomatiche), che necessita di una sua manutenzione specifica, ai sistemi elettronici di controllo, che coinvolgono sempre più anche il “battery management” che non è solo gestione della carica, ma anche della temperatura.

Lavorare su queste auto richiede ormai certificazioni obbligatorie e soprattutto capacità di messa in sicurezza del mezzo, che complicheranno sempre più le operazioni necessarie per effettuare un semplice tagliando.

Un circolante sempre più variegato

Ma se in 13 anni è cambiata la composizione di vendita in termini di alimentazione, specialmente per quel che riguarda le motorizzazioni dei mezzi, l’altro grande fenomeno che impatterà sulla manutenzione ordinaria è dovuto all’arrivo sul mercato di parecchi produttori cinesi di veicoli. 
Se 13 anni fa esistevano sul mercato solo Great Wall e DR (che ad onor del vero si trattava comunque di aziende italiane che producevano in Cina), oggi i brand cinesi sono notevolmente aumentati e con modelli che, a differenza di quanto si pensava fino a qualche tempo fa, non sono necessariamente elettrici.

I produttori orientali, infatti, sfrutteranno (almeno secondo molti analisti) l’opportunità offerta di vendere mezzi ibridi fino al 2035 o comunque si adatteranno man mano a ciò che il mercato richiederà maggiormente.
Il problema di questi produttori è che, a differenza di quanto avviene con i brand storici del mercato europeo, spesso arrivano senza aver costruito una vera e propria piattaforma distributiva dei mezzi, ragione per cui l’assistenza è sempre più affidata a network esterni o delegata al distributore.

In questo caso l’opportunità, ma anche la difficoltà, deriva dal fatto che, per queste vetture, è difficile trovare i manuali d’officina, o comunque le informazioni tecniche necessarie per effettuare anche un semplice tagliando. 
Considerando il numero dei modelli destinati a entrare nei prossimi anni sul mercato europeo si tratta di un problema non da poco, anche se molto probabilmente queste case auto saranno obbligate dall’Europa ad adeguarsi agli standard occidentali, almeno in termini di accessibilità delle informazioni tecniche.

Il ruolo delle flotte

Infine, l’ultimo cambiamento che si nota rispetto a 13 anni fa, è che in questo periodo, nelle vendite del nuovo è aumentato notevolmente il ruolo delle flotte di noleggio sulla percentuale delle auto vendute.
 
Questo fenomeno è dovuto principalmente al fatto che i privati nei periodi di incertezza rallentano gli acquisti, mentre le flotte devono comunque gestire il rinnovo del proprio parco circolante.
Nel 2023 circa un’auto nuova su tre è stata venduta a una società: 22,51% noleggio a lungo termine; 8,85% aziende; 1,64% pubbliche amministrazioni (fonte ANIASA), per un totale che raggiunge il 33%. 
Guardano però il quadro generale, nel 2023 sono state vendute circa un milione e mezzo di auto, molto meno rispetto al milione e ottocento del periodo pre-Covid, per non parlare di quasi 2,4 milioni degli anni antecedenti al 2010.

Questo per dire che, nonostante il peso relativo delle flotte sia aumentato, il numero delle unità vendute non ha subito crescite sostanziali. Negli ultimi 20 anni le immatricolazioni da parte di aziende, infatti, hanno oscillato parecchio toccando il massimo nel 2007 (con circa 500.000 unità vendute) e il minimo nel 2014, quando se ne vendettero meno di 280.000.
Come che sia, il mondo delle auto di proprietà di una società rappresenta comunque un volano importante, perché generalmente un’auto di un’azienda è manutenuta in maniera più puntuale rispetto a quella di un privato, che solitamente dopo i primi anni di vita tende a diradare la manutenzione ordinaria.
 
Non solo. Il circolante delle aziende, siano esse di noleggio o flotte private, è generalmente molto più recente rispetto alla media delle auto in circolazione e rappresenta una buona opportunità di avere a che fare con auto in anticipo con i tempi. 
Certo, il mondo delle flotte rappresenta anche una sfida per il mondo dell’autoriparazione. A differenza dei privati, infatti, queste realtà operano attraverso accordi quadro che cercano di standardizzare i costi, che tradotto significa che cercano di risparmiare il più possibile.

In Italia, complice anche una grande frammentazione del mercato della riparazione, propongono spesso tariffe di manodopera notevolmente inferiori agli standard di mercato, fornendo il più delle volte anche i ricambi e prodotti necessari alla manutenzione.
 
Migliorare in efficienza e specializzarsi sulle nuove tecnologie è probabilmente l’unica via per le officine del futuro di poter avere una leva di trattativa maggiore e spuntare guadagni più alti nella manutenzione ordinaria di questi mezzi.

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Tags: auto elettriche immatricolazioni circolante manutenzione

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