Articoli | 01 November 2011 | Autore: David Giardino

A chi fa paura Stahlgruber?

Non è la prima volta che un importante gruppo di distribuzione d’Oltralpe si affaccia sul nostro paese con un modello di business che, sulla carta, avrebbe tutte le caratteristiche per avere successo in un mercato, quello italiano, rimasto unico in Europa per “lunghezza”. Basterà questa strategia a Stahlgruber per riuscire dove altri hanno,
anche recentemente, fallito?

L’esperienza insegna a non valutare il successo di un progetto solo sulla carta; è fondamentale invece vedere la serietà e la determinazione e non da ultimo le risorse che chiunque desideri conquistarsi uno spazio nel presidiatissimo mercato della distribuzione, indipendente deve mettere a disposizione e non per breve tempo.
Così abbiamo visto apparire e sparire ATU, che avrebbe dovuto “spaccare” il mercato della riparazione multimarca; abbiamo visto l’altalena del successo del progetto AD Italia, di AC Delco e di altri ancora.

Colpa del progetto, della formula, delle persone, delle risorse oppure della forza della catena della distribuzione indipendente che, per quanto lunga, è altrettanto determinata a vendere ben cara la propria pelle? Tutte quante le cose assieme, senza trascurare che il tempo gioca a sfavore di chi si affaccia sul mercato Italia senza adeguate risorse per un lungo ed estenuante assedio al mercato tradizionale.

Dopo questa lunga ma doverosa premessa, possiamo lasciare spazio al recente incontro con Marco Porcinai, general manager di Stahlgruber Srl.

Nella sede rilevata dalla Sparecar, un ricambista di medie dimensioni di Cinisello Balsamo (MI), Stahlgruber da luglio 2011 ha iniziato a riempire gli scaffali di ricambi provenienti dal magazzino centralizzato in Germania. Al mio ingresso nella sede di via Signorini, quattro magazzinieri erano all’opera per svuotare i pallet e riempire gli scaffali ancora non del tutto pieni. I marchi delle scatole che passavano fra le mani degli addetti erano di quelli i cui nomi sono i più noti e ambiti dal mercato. Dopo una breve attesa in compagnia di Ketty Camnasio, branch manager e figlia del precedente proprietario, sono stato accolto  da Marco Porcinai nel suo nuovo ufficio al piano elevato della struttura, che dovrebbe essere il primo tassello di una architettura ben più ampia.

In un mercato ben organizzato e presidiato, come mai e con quali prospettive Stahlgruber sbarca in Italia?
La ragione fondamentale di questa scelta è l’importanza del mercato italiano: un gruppo così forte a livello internazionale come Stahlgruber non può rimanerne fuori.

In che modo siete organizzati e come lavorerete?
Questo mio progetto, portato avanti sin dal periodo in cui lavoravo in Lamperti, oggi si è concretizzato con questa prima sede in Italia. In Germania una sede come la nostra serve un raggio di clienti sino a 70 km di distanza. Qui a Cinisello Balsamo, per poter offrire un servizio adeguato ai nostri clienti, abbiamo ridotto il diametro a soli 20 km.

Chi sono i vostri clienti?
Sia ricambisti come noi sia le officine.

Non sarà facile vendere ai ricambisti; in Italia, chi salta la filiera viene escluso a priori...
Questo è vero e noi abbiamo già subito una offensiva fortissima da parte dei gruppi più importanti. Ovviamente tutto questo ci ha disturbato, ma con alcuni ricambisti che non si sono fatti condizionare dal pregiudizio abbiamo trovato un accordo che prevede anche una sorta di rispetto per i loro clienti. D’altra parte la nostra dimensione attuale in Italia non è conforme al gruppo che rappresentiamo, e possiamo essere più competitivi anche rispetto ai più importanti distributori italiani, fornendo non solo le officine ma anche i ricambisti.

In Italia conta anche, e molto, la forma...
Lo sappiamo e non ci preoccupiamo troppo. Abbiamo la volontà di portare
Stahlgruber in Italia, senza dover fare per forza delle corse; vogliamo portare il progetto officine e gli strumenti che hanno sancito il successo del gruppo in Europa.

A che cosa state lavorando in questo momento?
Attualmente, come hai visto, stiamo ancora riempiendo gli scaffali, aggiustando la gamma che deve soddisfare al 100% le esigenze del circolante locale.

Non sarà facile in questa sede...
Questa filiale, che è la prima, si può paragonare a un medio ricambista. In sedi di questa dimensione, Stahlgruber gestisce mediamente 40.000 codici. Siamo ben lontani da poter gestire le 550.000 referenze della gamma complessiva.

In quanto tempo pensate di poter fare un successivo salto di qualità e di dimensioni?
Come ho già detto, il tempo non è il nostro problema: il problema è fare le cose per bene. Quando avremo altre due o tre filiali potremo pensare di aprire il magazzino centralizzato che gestirà tutti i codici disponibili.

Come pensate di convincere le officine a utilizzare i vostri ricambi, già presenti in Italia, ma distribuiti da altre organizzazioni?
Abbiamo a disposizione un buon margine sui prodotti per essere più competitivi nei confronti dell'officina. La nostra intenzione non è però quella di utilizzare al massimo questa nostra forza, non ci interessa. Inoltre, possiamo fornire all’officina tutte le informazioni necessarie per la riparazione, dai tempari all’attrezzatura per l'autodiagnosi agli smontagomme.
Il nostro progetto officine in Europa è già un successo, proprio perché abbiamo una forte competenza ed esperienza. Mi sembra ragionevole aspettarsi che funzioni anche in Italia.

Lasciamo che sia il tempo a darvi ragione...
Come ti ho già detto, per noi il tempo non è un problema, ne abbiamo davanti molto.

Photogallery