Articoli | 01 September 2006 | Autore: Tommaso Caravani

Speciale batterie - Il mercato ha sempre più bisogno di potenza

L’aumento delle prestazioni e il miglioramento delle tecnologie degli accumulatori non bastano a soddisfare la sempre crescente richiesta di potenza delle auto, e se si parla già di doppie batterie i benefici sono tutti per il mercato del ricambio.

In un’indagine condotta presso i principali ricambisti e distributori italiani, il 60% degli intervistati ha confermato che il mercato delle batterie è in crescita. Anche i produttori contattati per la realizzazione di questo articolo sostengono che il trend in Italia sia positivo. Lungi da noi l’idea di realizzare un’analisi scientifica del settore, ma quando i dati provenienti da differenti comparti concordano, si può affermare con ragionevole sicurezza che il mercato delle batterie per auto è realmente in crescita.
Sono molte le motivazioni per cui questo prodotto è destinato, nel medio periodo, a continuare la sua ascesa: si va dall’aumento del circolante fino alla sempre maggiore necessità di potenza a bordo per alimentare tutti i servizi accessori in continuo aumento. Senza considerare che, sulle moderne autovetture, non è più concepibile rimanere con le batterie “a terra”, altrimenti i problemi diventano davvero tanti: centraline da resettare e pesanti interventi su tutta l’elettronica, oramai incapace di rimanere senza un’alimentazione di corrente costante.

La tecnologia non tiene il passo
Uno dei problemi del comparto dei ricambi automotive è che l’utilizzo di nuove tecnologie ha portato a un aumento dei componenti, al punto che gli intervalli di sostituzione si sono allungati notevolmente, creando una lieve flessione nella domanda.
Non è il caso delle batterie. Non che queste non abbiano beneficiato di soluzioni innovative: una batteria moderna non ha quasi più nulla a che spartire con gli accumulatori che fino a qualche anno fa si trovavano sotto il cofano. L’antimonio, ad esempio, elemento che era legato con il piombo per garantire il flusso di elettroni tra i poli, è oggi quasi universalmente sostituito dal calcio. Nuove tecnologie sono utilizzate nella realizzazione delle griglie, sempre più resistenti e di maggiore durata, così come l’acido, oggi non più liquido, ma in soluzione con un gel che ne garantisce una maggiore conducibilità. L’utilizzo di setti tra una piastra e l’altra, poi, consente di porre queste più vicine le une con le altre, senza il rischio di contatto e conseguenti cortocircuiti. Tante soluzioni tecnologiche, insomma, che hanno migliorato, e di molto, le prestazioni delle batterie. Ma allora, se tanta tecnologia è stata davvero così efficace e le prestazioni delle batterie sono aumentate di molto, perché la domanda rimane così alta? Perché contemporaneamente altre tecnologie hanno fatto passi da gigante, tanto da richiedere massicce dosi di energia per funzionare. In particolare, l’ingresso dell’elettronica di consumo a bordo ha portato il fabbisogno di corrente a livelli impensabili in passato. Basti pensare che solo negli anni 90, per far funzionare una vettura di classe media, erano necessari circa 950 Watt, mentre per un modello equivalente delle ultime generazioni servono circa 3.500 Watt per alimentare tutti i circuiti di bordo. In pratica, un’auto moderna assorbe più di un appartamento di medie dimensioni, più dei 3kW del contratto di base. Il che significa che i sistemi di sicurezza, la gestione motore e l’infotainment assorbono più di lavatrice, forno e scaldabagno collegati contemporaneamente.
Se poi si guarda il trend di consumo, il futuro può prevedersi ancora peggiore, o migliore, a seconda dei punti di vista. L’elettronica, infatti, continua a svilupparsi e in un futuro che è gia quasi presente non sarà più pensabile avere un’auto senza televisori, navigatori, computer e tanto altro ancora. Non solo, anche le recenti evoluzioni della gestione del veicolo fanno intravedere un futuro in cui le vetture avranno un sempre maggiore bisogno di corrente. Si pensi alle moderne soluzioni di brake by wire o drive by wire, dove freni e sterzo sono comandati elettricamente, oppure alle ipotesi di compressori elettrici per la sovralimentazione, che da soli scaricherebbero la batteria in poco tempo.
La richiesta di energia è così elevata che alcuni produttori di auto e di batterie stanno già lavorando di comune accordo all’ipotesi di installare, in primo impianto, ben due batterie sulle vetture di gamma alta: una di avviamento, destinata solo alla gestione del motore, e una stazionaria per gli impianti di bordo. L’alternativa è quella di installare accumulatori di dimensioni maggiorate, una tendenza che già da qualche anno sta avendo un buon successo.
Il problema è, infatti, che tra la potenza erogabile da un accumulatore e le sue dimensioni e peso esiste una stretta correlazione, dovuta ai processi chimici che consentono la formazione di corrente. Per ogni coppia di piastre al piombo si può estrarre una quantità di potenza limitata, quindi per aumentare le prestazioni o si aumentano le dimensioni delle piastre o il loro numero. Pertanto, finché le batterie non potranno contare su tecnologie alternative (come l’utilizzo del litio), il problema sarà irresolubile.

Sedici milioni di poli
Secondo le stime ufficiali di quasi tutti i produttori, nella sola Italia sono otto milioni gli accumulatori venduti in un anno. Tale quota comprende sia i prodotti destinati al mercato indipendente sia quelli OES. Per un controvalore vicino ai duecento cinquanta milioni di euro. Secondo le stime di varie associazioni italiane ed europee (come ANIE e Eurobat), l’espansione di questo mercato in Italia sembra destinato, nei prossimi 5/8 anni a una crescita lenta ma costante tra il 3% e il 5%.
Ma come è composta l’offerta delle batterie? Da una parte ci sono i grandi produttori, che forniscono il primo impianto e detengono la quota maggiore di mercato; dall’altro i produttori locali, che comunque non sono realtà trascurabili e detengono quote importanti, specialmente sulle vetture di una certa età. Tuttavia sembra che il settore batterie, con i suoi elementi di crescita, anche se non a due cifre, faccia gola a molti e che i piccoli produttori stiano guadagnando terreno con l’adeguamento delle loro linee alle più moderne tecnologie. Vediamo allora nel dettaglio quali sono queste innovazioni, cercando di capire che tipo di prodotto stiamo trattando.
Tecnologie al servizio dell’eletricità
AGM: cioè absorbed glass matt, è un separatore in fibra di vetro in cui è assorbito l’elettrolito. Questa tecnologia, oltre a garantire una migliore conducibilità dell’acido, tiene separate le piastre ed evita che possano entrare in contatto creando dei cortocircuiti.
Gel: in questo caso, invece, l’elettrolito è assorbito da silice. Lo scopo è sempre lo stesso: migliorare l’efficienza della batteria. In particolare, l’uso del gel garantisce una buona capacità anche dopo numerosi cicli di carica e scarica.
Piastre: il punto debole delle piastre è la resistenza. Durante l’uso, infatti, una batteria è soggetta a differenti stress, termici e meccanici. L’utilizzo dell’antimonio come elemento per legare e irrobustire il piombo ha dato i suoi frutti per numerosi anni, ma le batterie di ultima generazione utilizzano una tecnologia piombo-calcio, più resistente. In particolare, a cambiare sono stati anche i processi produttivi e l’arricchimento delle leghe con altri metalli nobili, come l’argento.
Flame arrestor: si tratta di pastiglie porose che evitano la fuoriuscita di gas esplosivi e regolano la pressione all’interno della batteria.
Indicatore di carica: nonostante la tecnologia abbia fatto passi da gigante non è sufficiente segnalare il solo stato di carica, poiché se l’elettrolito all’interno dell’accumulatore scarseggia, il motore non si avvierà comunque. Per questo oggi si utilizzano solamente degli igrometri che indicano il livello di elettrolito contenuto nella batteria.
Le indicazioni fondamentali
Una nota a parte la meritano invece le indicazioni poste sulla batteria stessa. Uno dei settori che sta maggiormente crescendo a seguito del complicarsi dell’elettronica dell’auto è, infatti, la diagnosi delle batterie.
Non si contano quasi più i tester batteria in commercio e il business si è fatto davvero interessante. Il problema però è che tutti questi apparecchi di misura, per valutare perfettamente l’efficienza della batteria, e tramite questa anche quella del sistema di carica, hanno bisogno di avere alcune indicazioni particolari riguardanti proprio l’accumulatore. Oltre alla capacità della batteria in Ampère ora e al voltaggio, infatti, è necessario conoscere il valore della corrente di spunto, in Ampère. Inoltre, per quanto riguarda quest’ultima, è importante sapere a quale standard è riferito (EN, DIN eccetera), poiché tale valore differisce a seconda della normativa.

Senza manutenzione? Non proprio
Altro motivo di scarsa chiarezza nella comunicazione del prodotto batteria riguarda la manutenzione. Molto spesso, oggi siamo abituati a sentir parlare di batterie senza manutenzione, oppure a manutenzione ridotta, ma esistono davvero batterie che non hanno bisogno di manutenzione? La risposta è no, perché durante la realizzazione del processo il liquido elettrolitico, libero o assorbito in gel o fibra di vetro, tende a diminuire, e quando tale livello scende al di sotto di un certo valore è necessario reintegrarlo. Secondo le norme DIN, però, esistono definizioni rigorose secondo cui le batterie possono essere: senza manutenzione, cioè richiedono una verifica ogni 25 mesi o 40.000km; o a manutenzione ridotta, se il controllo va effettuato ogni 15 mesi o 25.000km. La batteria, infine, si dice sigillata quando è materialmente impossibile il rabbocco dell’elettrolito. Pertanto in questo caso la sua manutenzione è zero per tutto l’arco della vita.
Una volta chiarite queste caratteristiche, risulta dunque evidente che una batteria senza manutenzione non è equiparabile a una sigillata, perché per definizione sono diverse.

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