Articoli | 01 February 2005 | Autore: David Giardino

A.D.I.R.A. - Partecipare non significa associarsi

È nata da poco, ma ha già viaggiato tanto per discutere in ambito europeo argomenti scottanti quali l’accesso alle informazioni tecniche e la clausola di riparazione. Stiamo parlando di A.D.I.R.A., l’Associazione Distributori Indipendenti Ricambi Autoveicoli, che lancia un monito: basta con le rivalità locali, qui si tratta di difendere gli interessi della categoria nelle sedi che contano.

Bisogna sedersi ai tavoli dei salotti europei, presentare gli interessi della categoria e presidiare per difenderli. È l’invito di Bruno Beccari, presidente di A.D.I.R.A., che spiega perché adesso è necessario partecipare.

Sono trascorsi quattro mesi dalla fondazione di A.D.I.R.A.: quali sono stati i passi più significativi compiuti in questo periodo iniziale di attività?
È stato un periodo estremamente intenso, che ci ha visto impegnati a dare un’organizzazione e una forma all’associazione. Il primo passo fondamentale è stato quello di fare conoscere A.D.I.R.A. attraverso la stampa di settore. La campagna di adesione, condotta utilizzando una mailing list di 5.800 indirizzi in tutta Italia, ha rappresentato la seconda grande iniziativa alla quale abbiamo dato corso in questi mesi. A livello internazionale ci siamo impegnati ad avviare rapporti seri con FIGIEFA, l’associazione internazionale di categoria dei ricambisti indipendenti, e con ECAR, l’ente per la difesa dei diritti del mercato indipendente. Inoltre, abbiamo partecipato a due riunioni di grande rilevanza: la prima, a Bruxelles, per discutere il problema dell’accesso alle informazioni tecniche da parte degli indipendenti; la seconda, a Berlino, specificatamente sulla clausola di riparazione, riferita alla riparazione delle parti visibili.

Lei ha partecipato a entrambi gli incontri in qualità di presidente di A.D.I.R.A. Ci può delineare il quadro emerso a livello europeo?
Per quanto riguarda l’accesso alle informazioni tecniche, il quadro delineato da uno studio condotto dall’Università di Aachen e presentato nel corso della riunione, è davvero poco confortante. Innanzitutto, le officine indipendenti si trovano a dover affrontare un problema rilevante: poiché ogni costruttore ha le proprie informazioni tecniche, l’officina, teoricamente, dovrebbe avere a disposizione tanti strumenti di autodiagnosi quanti sono i costruttori auto. L’investimento sarebbe decisamente elevato: basti considerare che ogni apparecchiatura ha un prezzo stimato dai 12 ai 20mila euro.
Inoltre, anche se i costruttori auto dichiarano di mettere i propri dati tecnici a disposizione delle officine non autorizzate, spesso l’accessibilità ai dati è solo apparente. Nonostante Monti sia intervenuto con una comunicazione nella quale insiste affinché le case automobilistiche rendano facilmente accessibili i dati tecnici, la situazione è rimasta immutata. Ancora più difficile risulta la gestione dell’accesso alle informazioni tecniche relative agli autocarri, malgrado questi siano stati coinvolti nella BER.

È stato suggerito un intervento, un’azione comunitaria?
Alla fine di novembre, in occasione della riunione di Bruxelles, è stato costituito un gruppo di lavoro con l’obiettivo di elaborare alcune proposte sui passi da compiere in seno alla Comunità europea. Queste proposte verranno presentate nel mese di febbraio in concomitanza con la riunione di FIGIEFA.

Da recenti analisi sulla fedeltà degli automobilisti ai canali autorizzati risulta una tendenza maggiore a effettuare i tagliandi presso i concessionari anche negli anni successivi al primo di vendita. Di fatto, dunque, la BER non ha raggiunto il suo scopo. Ritiene che il mercato indipendente sia responsabile, almeno in parte, di questa situazione?
Direi che c’è una grande responsabilità da parte del mercato indipendente, che, fino a oggi, non ha saputo sfruttare le peculiarità favorevoli della BER. Sono convinto che sia un fatto di comunicazione. Se confrontiamo i due attori – case costruttrici e mercato indipendente – è evidente che la bocca di fuoco delle case costruttrici non è comparabile a quella del mercato indipendente. Qui sta il nocciolo della questione e del senso di A.D.I.R.A. Bisogna rendere gli operatori consapevoli dell’importanza della comunicazione verso il cliente finale, l’automobilista: solo attraverso la comunicazione, infatti, si può incidere sulle sue scelte e convincerlo che una riparazione effettuata in un’officina indipendente offre le stesse garanzie di quella effettuata presso il concessionario o un’officina autorizzata. Se il mercato indipendente non riesce a comunicare, a trarre vantaggio dalla BER saranno le case automobilistiche che l’hanno combattuta fino a ieri.

Un risultato paradossale. È possibile che la cautela del mercato indipendente nell’aggredire le auto ancora in garanzia sia dovuta anche alla capacità tecnica non adeguata agli sviluppi tecnologici delle moderne vetture?
Si tratta di una combinazione di cause ed effetti, che sicuramente va al di là delle barriere poste dalle case auto per impedire l’accesso immediato alle informazioni tecniche. In alcuni casi gli autoriparatori indipendenti non hanno saputo cogliere la rilevanza dei cambiamenti tecnologici nel momento in cui questi hanno avuto avvio, una decina di anni fa. Naturalmente non parlo di tutti. I giovani, che subentravano nel cambio generazionale, hanno capito che era necessario modernizzare le strutture e aggiornare le proprie conoscenze attraverso corsi di aggiornamento. Dall’altro lato, per quanto riguarda la distribuzione, c’è stata una certa difficoltà nel comprendere che i corsi di formazione e aggiornamento erano e sono essenziali per garantire il mantenimento del mercato, oltre che per accrescere culturalmente e professionalmente i propri clienti.
Va comunque sottolineato un fatto: è difficile che un automobilista faccia riparare il proprio mezzo ancora in garanzia presso un’officina indipendente. In genere un veicolo arriva nel canale indipendente a partire dal secondo anno di vita. Per questo ritengo che per la distribuzione indipendente sia fondamentale mantenere questa fetta di mercato, nella consapevolezza che sarà difficile spostarla in avanti, ovvero al primo anno di vita del veicolo. Le case costruttrici, invece, cercano di allungare il periodo di fedeltà dell’automobilista, per esempio aumentando il periodo di garanzia del veicolo. Le spese maggiori di manutenzione e riparazione di un’auto, infatti, vengono fatte dal terzo al settimo anno di vita: la curva è uguale per tutte le case automobilistiche. I costruttori auto cercano semplicemente di conquistare il picco più alto dei guadagni derivanti da manutenzione e riparazione. I distributori e i riparatori devono fare sì che questo non avvenga.

Quali sono le principali istanze perseguite da A.D.I.R.A.?
Prima di tutto la visibilità. Naturalmente non mi riferisco a quella provinciale, ma a quella di categoria a livello europeo. La seconda grande istanza è la partecipazione alle decisioni, che ormai non vengono più prese in ambito nazionale, ma molto più in là: occorre sedersi ai tavoli europei e partecipare attivamente, presentando e difendendo le richieste della base. Il terzo obiettivo dell’associazione è fornire assistenza legale per tutto quanto concerne le nuove normative, quali la BER e le nuove garanzie.
Una volta raggiunti questi scopi, l’associazione può avere un grandissimo sviluppo e concretizzare numerosi progetti. Uno dei progetti che più mi sta a cuore personalmente e che ritengo importante, è arrivare a istituire una scuola di formazione per gli addetti alla distribuzione indipendente e una per le officine indipendenti, evidentemente in accordo con le associazioni di categoria delle officine. La creazione di un’associazione di successo può generare una serie di servizi impensabili se si resta isolati. Poter contare sulla propria indipendenza di categoria, evita di dover fare affidamento sull’aiuto degli altri protagonisti del settore.

Sta certamente parlando dell’aiuto dei produttori di componenti, che non è così immediato, visto che i componentisti hanno come principale cliente le case costruttrici...
I componentisti sono molto preparati e predisposti a offrire un aiuto. Per molti di loro difendere il grande mercato indipendente è una “mission” aziendale, perché la sua esistenza li rende meno vulnerabili nei confronti delle case auto. Il problema è un altro: l’aiuto dall’esterno è sempre il benvenuto, ma non sempre è esattamente quello di cui hai bisogno.

Torniamo ai tavoli internazionali. Quali novità sono emerse a Berlino per quanto riguarda la clausola di riparazione?
Berlino è stata una tappa molto importante sia a livello personale, per l’aspetto conoscitivo degli argomenti, sia a livello associativo, per la valenza costruttiva che ha avuto. La riunione, infatti, è servita per mettere a punto le strategie da attuare nel corso dell’iter burocratico per l’approvazione della normativa.
Ricordo che a settembre la commissione Bolkestein ha espresso un parere favorevole alla direttiva di normativa per cambiare l’art. 14 della 98/71 CE. La proposta di modifica Bolkestein sarà esaminata dal nuovo Consiglio dei ministri dell’Unione europea a scadenza molto breve: se sarà accettata, andrà in Parlamento e qui, quasi sicuramente, come generalmente avviene dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, verrà approvata e diventerà normativa europea. Perché la proposta di modifica riceva l’approvazione del Consiglio dei ministri, occorre una maggioranza qualificata, i due terzi della composizione del Consiglio. Le posizioni dei singoli governi sono diverse: se la Francia è contraria, l’Italia ha sempre preso una posizione favorevole o quantomeno neutrale.
A Berlino erano presenti i rappresentanti delle associazioni dei vari Paesi e tutti coloro che stanno operando a Bruxelles in merito a questa proposta di modifica. A ciascun rappresentante dei diversi Paesi è stato dato un piano di azione, fatto di contatti con la pubblica amministrazione e anche con le persone in grado di influire sulla decisione. Nonostante il parere favorevole della commissione Bolkestein a settembre, non è scontato che la proposta sia approvata dal nuovo Consiglio dei ministri, così come era stata formulata dalla commissione precedente. Questa è una chiara dimostrazione di come possano agire le associazioni di categoria, continuando a presidiare i tavoli nazionali ed europei e a difendere gli interessi della base.

Come si sta muovendo attualmente A.D.I.R.A. a livello nazionale?
Dopo questa riunione a Berlino, che ha dato grande visibilità alla nostra associazione, nonostante il tempo trascorso dalla sua costituzione, siamo stati convocati dal ministero per gli Affari europei per esporre la nostra posizione in merito alla proposta di modifica. È stato un enorme riconoscimento. L’incontro è stato franco e obiettivo. Del resto la proposta della commissione Bolkestein è molto chiara e non lascia adito a interpretazioni diverse. Dopo l’incontro, A.D.I.R.A. ha preparato una memoria che, assieme a quella stilata da C.I.C.R.A., l’associazione dei produttori delle parti di ricambio visibili, è attualmente sul tavolo dei funzionari del Ministero. Questi faranno una proposta al governo italiano; i ministri metteranno poi al voto il supporto alla nostra proposta.
A Bruxelles la questione della clausola di riparazione è attualmente seguita da un gruppo di lavoro FIGIEFA – ECAR, molto competente ed efficiente.

Sembra proprio che A.D.I.R.A. sia nata nel momento più opportuno per incidere... Quali sono i programmi per l’immediato futuro e, soprattutto, in che modo intendete scendere in campo per incontrare i potenziali associati?
Il programma di A.D.I.R.A. prevede innanzi tutto la definizione di alcune fasi organizzative, quali la sede e il sito internet, proprio per facilitare i contatti. Poi scenderemo in campo in modo costruttivo, con una serie di incontri a livello regionale, se non provinciale. I grandi distributori si sono già associati, si sentono promotori dell’iniziativa e hanno cominciato a fare i primi programmi.
La fiera Autopromotec sarà una tappa importante, perché nel suo ambito organizzeremo un incontro per presentare l’associazione e per motivare gli operatori del settore e farli partecipare. Per me, infatti, partecipare non significa associarsi, ma partecipare attivamente alla vita dell’associazione. Per questo è fondamentale che chi partecipa sia convinto della necessità dell’associazione. Infine, vorrei sottolineare un elemento importante: la concorrenza a livello locale tra due associati non deve impedire a uno dei due di associarsi. Sarebbe assurdo: la concorrenza riguarda i clienti, mentre gli interessi sono comuni, perché sono gli stessi di tutta la categoria. L’associazione è nata per essere l’associazione di tutti, a parità di diritti e doveri: tutti possono e devono partecipare, mettendo sul tavolo le proprie idee. Se si riesce a ottenere questo, si può davvero costruire qualcosa di importante.

Approfondimenti:

www.adira.it

Photogallery